Il tempo, si sa è tiranno, ed avendo a disposizione solo tre settimane per visitare altri 4 paesi (più il Kosovo) è evidente che bisogna “scegliere” i luoghi che interessano con molta attenzione.
Da Overlander (in questo caso fai-da-te) ho scelto gli spostamenti in autobus, che ti permettono di attraversare i paesi ed avere quindi uno sguardo anche sull’entroterra.
Il mio viaggio lascia la Romania per raggiungere la Bulgaria, il paese che ha un occhio che guarda in Russia ed uno che guarda l’Asia. Grandi spazi aperti, un paesaggio di immense distese di girasoli che si alternano a paciose colline verdi.
Varna (terza città del paese) è l’oasi, il miraggio sul Mar Nero, che, a differenza del nome che porta, è blu e verde. Un ex collega mi parlava già 15 anni fa delle sue vacanze termali qui ed ora capisco: una destinazione low cost perfetta per chi ama farsi coccolare tra cure e spiagge. Il turismo è arrivato ma fortunatamente ha ancora spazio per espandersi. Spiagge lunghe ed affollate vicino alla città lasciano il posto a zone modaiole, con bar che di notte pullulano di turisti, andando verso nord, dove stabilimenti balneari organizzano feste per alimentare quella movida che attira il turismo (principalmente nordico).
Ma sulla Golden Sands (a circa 20 km dalla città), ci sono anche spiagge di nicchia, con sabbia dorata e soffice, calette nascoste ai più, dove la giornata estiva scorre nuotando in un mare trasparente con la vista dietro di dolcissime piccole colline verde brillante.
Una vera sorpresa per un’amante delle spiagge come me! E per chi vuole unire l’utile al dilettevole , le terme della zona sono un modo di rilassarsi e coccolarsi senza svuotare il portafoglio. Vari stabilimenti termali offrono trattamenti per tutti i gusti. La Perla del Mar Nero è anche ricca di storia ed arte, dopo che scavi archeologici hanno riportato alla luce tesori d’oro.
L’autobus verso Sofia scorre veloce e le quasi 7 ore passano piacevoli, tra paesaggi intonsi di un verde bottiglia che sa di linfa e varie soste nei paesi dove donne con il foulard camminano calme come se il tempo si fosse fermato.
Sofia è antica, con edifici imponenti sui quali cala l’occhio del grande fratello russo che ha lasciato una pesante eredità. Ancora molti taxi vecchi sono rattoppati, se potessero parlare ne avrebbero da raccontare!
In pieno centro sono risorti scavi importanti e intorno alla metropolitana è sorto un museo archeologico all’aperto.
Ma Sofia è tante chiese, soprattutto ortodosse, dalla Cattedrale Alexander Nevski alla Rotonda di San Giorgio, ed interessanti edifici governativi.
Sofia si gira a piedi testa all’insù, facendo però attenzione alla fitta rete di filobus e vecchi tram che sembrano la tela di un ragno.
Non guardate i nomi delle strade: lo sapevate che l’alfabeto cirillico è stato creato in Bulgaria? Lasciatevi trascinare dall’istinto, Sofia è una città tranquilla, anche la sera, con la lunga via pedonale che si anima, tra fast food, birrerie e ristoranti di ogni genere.
Io sono sempre alla ricerca della tradizione. Hadjidraganov’s Houses Restaurant è un bel locale dal sapore d’altri tempi, con musica tradizionale: forse un tantino turistico per me, anche se il cibo (sicuramente non dietetico) è buono.
Ma la vera scoperta è Cactus (in una traversa della via pedonale). Un ristorante moderno ricavato da una casa antica, con carne ottima (dal kebab alle polpette, alla schnitzel), una buona lyutenica (deliziosa salsa fatta da pomodori e peperoni, ottima da mangiare sia con la carne, che da sola, spalmata su un profumato pane), ed un purè di patate gialle cremosissimo. Ottimo rapporto qualità / prezzo.
Dopo un lauto pranzo passeggiate nel centro, curiosando tra qualche banchetto che tira fuori i segni del passato, cimeli di guerra tra maschere a gas e icone sacre dipinte, e qualche merletto che fa capolino dietro residui militari, quasi a nascondere memorabilie da dimenticare.
L’autenticità della gente si vede anche nelle persone che raccolgono l’acqua termale dalle sorgenti pubbliche sparse. Pensionati che fanno la coda per riempire i bottiglioni, e sostano sulle panchine del parco prima di riprendere la via verso casa.
Si riparte, inseguendo ancora sterminati campi di girasole che invocano una boccata d’acqua sotto questa rovente estate.
Cinque ore per raggiungere un’altra delle sorprese del mio viaggio, Skopje, la capitale della Macedonia, un paese che da quando è diventato indipendente (1991) sta tirando fuori la sua personalità, frutto di mix tra culture diverse, dai Persiani ai Romani ai Turchi Ottomani.
Il cuore della città è la piazza con la maestosa statua di Alexander the Great (Alessandro Magno), che sorge immensa sopra la fontana che si illumina di notte ed è presa d’assalto da turisti e locali dopo il tramonto (anche solo per rinfrescarsi nelle bollenti sere estive), quando i suoi getti d’acqua si colorano rendendo tutto molto scenico.
Ma Skopje è una città in continua evoluzione: uno strano mix, una città “finta” che farà inorridire gli amanti della storia, ma delizierà i sostenitori delle « riproduzioni ». Skopje e’ la città delle statue e per me rappresenta la potenza del falso. Una rigogliosa espansione di opere ad ogni angolo, una galleria “d’arte” (so di esagerare!) all’aperto, un museo del nuovo che sogna l’antico, un parco giochi allegro.
La città è giovane, un terremoto violento l’ha abbattuta nel 1963 ed è anche per questo, per quella voglia di lifting che curi gli orrori, che è stata agghindata a festa. Un teatrino che ha diviso la popolazione, con molti che hanno urlato la loro rabbia quando lo stato ha preferito mettere ingenti somme di denaro a disposizione di una ricostruzione burlesca all’insegna totale del futile, invece di costruire infrastrutture per i meno abbienti (quattro quinti della popolazione), in un paese dove la disoccupazione tocca il 30% della popolazione. Rapporti ancora tesi con i cugini, dalla Bulgaria all’Albania, ed è importante precisare che le etnie del piccolo paese sono molte, (dal 20 al 30% albanesi, poi turchi, serbi, bosniaci, rom) con una guerra civile sfiorata meno di vent’anni fa. Oggi, dopo il progetto del governo “Skopje 2014”, la città è un parco a tema storico. Centinaia di milioni di euro hanno portato alla costruzione di edifici nuovi / vecchi, di viali che portano a fontane con giochi di luce. Skopje è una “lezione di storia”dove sono rappresentati tutti gli stili architettonici e dove statue di ogni dimensione e foggia fanno ala ai viali. Immaginate di attraversare un ponte con a entrambi i lati statue ed arrivare ad uno slargo dove una fontana ha sopra un’altra statua. La città dell’”arte kitsch “, un divertente passeggio tra sovrappopolamento di statue, dai guerrieri ai sapienti, ai leoni, a edifici architettonicamente interessanti, intonacati di recente. La Skopje futurista alla ricerca spasmodica di una identità, ruota intorno al fiume Vardar, una volta il “mare” dei giovani che amavano trascorrere le loro estati nuotando liberamente in quello che oggi è diventato non balneabile per il troppo inquinamento.
La nuova Skopje è così , linda, bianca, ripulita anche dopo la Colorful Revolution, la rivoluzione colorata, la rabbia esplosa del popolo, dopo le spese folli del governo per la creazione di una mancanza d’identità di uno spazio pubblico, una inutile Las Vegas: bombe colorate hanno imbrattato le statue, al suono vivace di “stop alla corruzione e a spese inutili”. Qualcuno ha urlato “riciclaggio di denaro sporco”. Ma per un turista un po’ disattento ma curiosamente implicato come me, seguire l’idea romantica di un set cinematografico si è trasformata in realtà: avrei voluto indossare un finto vestito d’epoca e trotterellare da un ponte all’altro lasciandomi coinvolgere dalla musica diffusa, scambiando idee e chiacchiere con i poeti, gli scrittori, gli intellettuali, i politici: tutti coloro che hanno reso grande nei secoli la Macedonia sono rappresentati da grandi statue.
Alessandro Magno (costato più di 5 milioni di euro) troneggia al centro della piazza. I locali lo chiamano “Warrior on a horse “ (guerriero a cavallo) e non vogliono più pronunciare il suo vero nome.
Ma il kitsch non è finito: lungo il fiume tre galeoni in legno, finti, brutte imitazioni….. trasformati in ristoranti che propongono anche gli “spagheti bolognesa”
Oltrepassato il ponte, lo Stone Bridge, si apre un mondo nuovo: il quartiere ottomano, che odora di profumato kebab, di spezie pungenti, di richiami di muezzin, del viavai caotico e colorato del bazar nelle stradine acciottolate a tela di ragno, dove l’artigianato sposa le arachidi calde.
L’arte orafa e i tanti negozi di stoffe preziose che avvolgeranno le spose. L’incontro tra donne che indossano hijab e ragazze in pantaloncini. Un passeggio tra chiese e moschee, un ambiente vibrante. E poi Il kebab, un trionfo di sapori e la sera le terrazze dei ristoranti prese d’assalto da turisti alla ricerca di autenticità (questa volta non si tratta di copie, ma di odorosi piatti semplici, assolutamente autentici, che escono dalle mani di provetti cuochi: un tripudio di bontà).
La città vecchia continua verso una lieve collina, dove sorge la fortezza di Kale: le mura, che dominano la città, vennero erette verso il VI secolo.
Scendendo sono obbligatorie un paio di soste, una al Birrificio, dove fare ottime degustazioni sull’ampia terrazza all’aperto.
L’altra sosta è per gustare uno dei dolci che ho adorato in tutto il mio viaggio nei Balcani, il Trilece, un soffice pan di spagna meravigliosamente immerso in una salsa fatta con panna, latte condensato e latte vaccino. L’origine è sudamericana (da cui deriva il nome spagnolo Tres Leches), ma i paesi balcanici lo hanno perfezionato e reso famoso in tutto il mondo. In particolare l’Albania ne ha fatto il dolce nazionale. Vi assicuro che è una delizia, così “soffice” da dare l’illusione di essere leggero: i sensi ringraziano, la dieta urla in silenzio!
Sulla strada di ritorno è d’obbligo una tappa dove Anjeze Gonxhe Bojaxhiu , nacque il 26 agosto 1910. La “piccola Grande Donna”, la Madre dei poveri e dei derelitti, la immensa Madre Teresa di Calcutta. La casa natia è stata rimodernata ed oggi ospita un museo, dove sono conservati il sari che indossava, le foto e gli scritti autografati di una delle donne (per me la Donna) più carismatiche della storia. Il suo messaggio ha varcato tutti i confini del mondo.
E poi una visita al Museo Archeologico con molte testimonianze dei popoli che fecero la storia della Macedonia.
A Skopje devo segnalare un Hotel fantastico, zona pedonale, a 50 metri dalla piazza principale. L’Hotel London B&B, un edificio storico magnificamente ristrutturato in chiave moderna, una chicca a basso prezzo. Ottima colazione à la carte, personale attentissimo e disponibile, pronto a dare informazioni eccellenti sulla città: ospitalità davvero calorosa.
Lascio Skopje direzione Lago Ohrid, (Ocrida) il posto di villeggiatura dei macedoni, una delle perle dei Balcani. Per due terzi macedone ed un terzo albanese è uno dei maggiori laghi della penisola balcanica. Grande quanto il lago di Garda è patrimonio Unesco dal 1979. Partenza dalla cittadina di Ohrid, che serve da base, con i vicoli lastricati, che portano verso chiesette e cattedrali ortodosse. In basso la via pedonale, presa d’assalto la sera, piena di negozi più o meno autentici e locali dove rifocillarsi, finché si arriva al porticciolo, dove dolci fanciulle incoraggiano il turista indeciso ad entrare nel loro ristorante.
Verso sera si sale verso la Chiesa Ortodossa di Sveti Jovan Kaneo, che domina da un piccolo promontorio, davvero una posizione scenografica.
Lasciato il centro (soprattutto le spiagge vicine, bruttine!),
si parte verso ovest. La prima tappa è l’incredibile Bay of Bones (La baia delle ossa). Sopra un’area archeologica sottomarina scavata nei primi anni del 2000, è stato ricostruito un villaggio antico su palafitte: un’idea di com’era tra il 1200 ed il 600 AC. All’epoca poteva ospitare circa sessanta abitanti, collegato alla terraferma da una passerella.
La litoranea prosegue fino all’attrazione più famosa del lago, il Monastero ortodosso di San Naum, fondato nel 905 da Naum, uno scrittore e storico medioevale. Molto bella anche la Piccola Chiesa che si trova all’interno del complesso.
Accanto al lago spiagge attrezzate prese d’assalto dai turisti (siamo ad agosto!)
Per finire….anche Tito apprezzava la bellezza di Ohrid, tant’è che vi ha fatto costruire una sua residenza dove amava rinchiudersi per riposarsi.
Sul lago la specialità è la trota, una delizia. Ottimo anche l’ajvar, una salsa diffusa in tutti i paesi dei Balcani , a base di peperone e peperoncino, da spalmare sul pane o accompagnare carne. E la birra Skopsko, una delle tante birre locali.
È ora di lasciare la Macedonia, per entrare in uno dei posti che fino a poco fa era off-limit: vi anticipo solo che la guerra del Kosovo ,tra il 1996 ed il 1999, fu un conflitto armato che scosse l’Europa intera.
A presto …..il mio viaggio continua tra Kosovo, Albania e Montenegro.