Oman

L’Eremita del Medio Oriente: così era chiamato il Sultanato dell’Oman. Schivo, tradizionalista, ed un po’ timido: in realtà in passato fu una potenza imperialista che entro’ in contesa prima con  il Portogallo e poi con il Regno Unito (fu un protettorato inglese fino al 1971), per il dominio sul Golfo Persico e l’Oceano Indiano. Il paese ha aperto le porte al turismo, mostrando scenari straordinari, suggestivi forti che escono da paesaggi lunari e gente molto cordiale, un perfetto equilibrio tra modernità e tradizione. Oggi il Sultanato è considerato uno dei paesi più stabili del Medio Oriente, con una politica di sviluppo efficace, malgrado la giovane età dei suoi abitanti.

C’è davvero qualcosa di primordiale in questo paese, un puzzle dai colori primari, da costruire. Il deserto, la sabbia, le rocce: tutte le sfumature  della natura, tra wadi, montagne e spiagge, con i forti che ricordano l’eroico passato.

La strada corre tra villaggi rugosi silenti (di giorno gli uomini lavorano e le donne sono chiuse in casa) e paesaggi puri, con qualche cammello, unica forma di vita tra il caldo del deserto.

 

 

 

In realtà la strada è a due corsie per senso di marcia, una specie di autostrada gratuita, dall’asfalto perfetto. Il paese è in mutamento continuo: viadotti, costruzioni nuove e autostrade moderne si mischiano a suggestivi paesaggi fuori dal tempo. Il Sultano Qaabos Bin Said nella sua lungimiranza, ha stanato l’arretratezza del paese, trasformandolo in quello che il turista sogna: comodità e autenticità.

Asceso al trono dopo aver spodestato il padre tirannico, con un colpo di stato, il Sultano ha guidato il paese dal 1970 al gennaio del 2020, data della sua morte. Amatissimo dal suo popolo (le sue foto sono ovunque), educato nel Regno Unito, ha veramente fatto moltissimo per il paese, soprattutto attuando politiche di sviluppo, principalmente in campo sanitario ed educativo. Importantissima anche la sua tolleranza religiosa, così diversa dai paesi confinanti.

L’Oman è un misto di antichità che guarda al futuro.

Al Sulaif, città fortificata oggi abbandonata, il Castello di Ibri e decine di forti appaiono all’improvviso in mezzo a quel deserto di pietre e sabbia dove la vita non è regalata.

 


 

 

 



 

 

 

E poi le rovine di Bat, Al Khoum e Al Ain, siti archeologici, necropoli del III millennio A.C., patrimonio dell’Umanità dell’Unesco dal 1988.

 

 

 

Il tempo si è fermato al 1670 quando l’Imam Sultan Bin Saif Al Ya ‘Aruba costruì il forte di Jabreen, un’oasi in mezzo ad un palmeto. Il delicato color ocra delle mura lo fanno sembrare più un castello che una fortezza. Una costruzione molto elegante, ben conservata, sembrerebbe quasi nuova.

 

 

 

È ora di partire per quella che è chiamata la “Montagna del Sole” Jaben Sham, anche se per me sembra più un paesaggio lunare. La strada si inerpica, i tornanti sembrano disegnati per un gioco di squadra. Il nostro mezzo 4×4, anzi 6×6, arranca su per la pietraia, lasciandosi dietro scenari mozzafiato. Si salirà fino oltre il Jebel Resort, a 2.000 metri, con l’aria che si fa più fina e gli strapiombi ammiccanti.

Pochi arbusti, montagne brulle: benvenuti sulla luna. La notte sarà frizzante, una gioia, dopo la calura della fondovalle dei giorni precedenti, ed il risveglio giocoso, con decine di buffe pecore e montoni  curiosi che circondano il nostro campo tendato.

 

 

Wadi Ghul appare all’improvviso, quasi un miraggio. La strada finisce vicino ad un gruppo di case. Da lì inizia il trekking verso il Gran Canyon d’Arabia, quella spaccatura naturale con pareti rocciose che scendono creando spettacoli mozzafiato. È piacevole anche solo fare una camminata, se non ve la sentite di fare il trekking, ma attenti, perché gli strapiombi sono in agguato ed è tutto immensamente naturale, senza alcuna protezione.

 

 

 

Al ritorno i fotogenici campi coltivati con in sottofondo l’abbandonata città di Ghul, annunciano che siamo tornati sul pianeta terra.

 

“Lasciando quel mare, fummo per breve tempo in vista di Mascate, la città più importante del luogo. Ne ammirai lo strano aspetto, in mezzo agli scogli neri che l’attorniano, e sui quali spicca il bianco delle case e dei forti. Notai anche le cupole delle moschee, la punta elegante dei minareti, le fresche e verdeggianti terrazze.” Jules Verne-Ventimila leghe sotto i mari.

L’armoniosa convivenza tra tradizione e modernità è evidente nella bianca capitale, Mascate.

 

Il Suk di Mutrah è incenso e sandalo, profumi che ti avvolgono sotto il tetto di legno finemente intarsiato, tra lunghi abiti neri svolazzanti e uomini vestiti di quel bianco che sa di pulito. L’antico porto di Muscat è oggi divenuto il ritrovo dei commercianti di quella roba locale che si mischia a oggetti e vestiti Made in India, per far contenti anche quei  turisti che vogliono portare a casa qualche ricordo a basso prezzo. Non è il classico suk confuso e pasticcione, ma comunque autentico. Qui tutto è ordinato e preciso, quasi una serie di negozi lindi e metodici dove solo il richiamo del proprietario che promuove la merce, distrae chi sta tranquillamente passeggiando. Ed in sottofondo l’intenso profumo antico dei datteri.

 



E l’immancabile mercato del pesce

 

 

Fuori le mura appare la marina di Mascate, la “Corniche”, la passeggiata che costeggia un mare dal sapore esotico. Scogli capricciosi, rocce calcaree, onde spumose che si infrangono con quel fragore un po’ dispettoso. Ed i garriti dei gabbiani che svolazzano lievi. Poco oltre, il castello e poi roccaforti portoghesi che ancora creano timore.


 

 

Davanti alla Corniche, bello come il sole, appare lo yacht Reale, un 155 metri, solo e maestoso, in questo periodo di crisi turistica dovuta al COVID. Sono stata qui sei anni fa in crociera e ricordo lo stesso yacht in mezzo alle grandi navi.

 

 

Nella frescura della Moschea Sultan Qaabos in un caldo mattino di autunno le ombre sono lunghe. Duemila donne hanno lavorato tre anni (dal 1997 al 2000) per creare questo immenso, meraviglioso tappeto, che unisce diversi stili persiani (il secondo più grande, 70×60 metri, dopo quello della Moschea di Abu Dhabi), dove gli uomini pregano ogni giorno. Solo gli uomini possono pregare in questa splendida parte della immensa Moschea (40.000 metri quadrati).

 



 

Alle donne è riservata la “ piccola” sala semi spoglia, perché, come risponde la mia guida alla domanda: “Le donne normalmente pregano a casa!”.

 

 

 

 

 

Il ristorante Rozna è una chicca per chi vuole provare la cucina locale in una location straordinaria. Situato nel quartiere dei Ministeri, l’architettura sembra un forte, pur trattandosi di una imponente riproduzione. Si entra in una corte centrale, con comodi tavoli, circondata da stanze, per chi vuole provare il vero stile arabo, mangiando accovacciato su un tappeto persiano in grande privacy.


I monti selvaggi dai profili aguzzi incorniciano due terzi del quadro d’autore. Le spiagge fuori Muscat sono una piacevole sorpresa. Grandi Hotel hanno costruito la loro roccaforte protetti dalla natura indomita.

Sono tornata nello stesso posto di sei anni fa, al Muscat Hills Resort, una cartolina, anche se alcune orrende costruzioni stanno nascendo come funghi, come delle vere Amanite Muscarie, che deturperanno quel paesaggio fiabesco a breve. Il Resort ha la posizione strategica di essere incastonato come una gemma. Gli chalet hanno una splendida veranda vista mare, con lo sfondo del verde smeraldo che riempie gli occhi e l’anima.

 


Per chi vuole fare immersioni c’è un dive center

 

 


E si riparte, prendendo quella comoda strada a due corsie, che attraversa montagne e deserto di pietra.

E  poi ci sono quelle sorprese improvvise di madre natura:

Hawiyyat Najm, noto come Bimmah Sinkhole in inglese, è una depressione piena d’acqua, strutturalmente una dolina, appena fuori dall’autostrada per Sur, a pochi chilometri prima di Tiwi. Secondo la leggenda è stato creato da una meteorite (il nome originale e’ “stella filante”), mentre i geologi affermano che lo spessore della crosta è sprofondato a causa dell’erosione. Il luogo è di straordinario impatto visivo e l’acqua cristallina verde smeraldo, dove si può tranquillamente nuotare.


 

Le “oasi” dell’Oman sono i wadi, quei canyon stretti tra pareti rocciose accattivanti dove l’acqua permette colture e palmizi. Wadi Tiwi è selvaggio: un “Caronte” traghetterà la piccola imbarcazione al lato opposto, da dove partirà un trekking che premierà gli sportivi con un bagno nelle acque dal color smeraldo

 

 

 

 

 


Ibra è una delle più antiche città dell’Oman pre-datata all’epoca del profeta Maometto. Un ex vivace snodo commerciale, oggi lasciato un po’ a se stesso.


 

 

Le rovine hanno ancora il loro fascino, ma la calura di mezzogiorno incombe. Non ci sono ristoranti nei dintorni.  Passeggiando vicino alla città vecchia, scorgiamo una bella dimora aperta.

 

 

Decido di entrare. Escono due donne che parlano solo arabo. Faccio cenno con la mano alla bocca chiedendo dove posso trovare un ristorante. Ci indicano una panchina nel giardino. La mia amica ed io ci sediamo sotto la palma ed attendiamo che arrivi qualcuno che parli inglese. Dopo pochi minuti riappaiono le due donne, con vassoi di banane e mele e arance e deliziosi datteri. E caffè ed acqua fresca. Ed un sorriso da « benvenute ». Mi avevano parlato dell’accoglienza omanita, e devo davvero confermare che il sorriso e la delicatezza che abbiamo trovato in questo paese, sono rari, così come la sensazione di stare in un luogo sicuro e protetto.

Nella foto una delle mie compagne di viaggio mostra i meravigliosi datteri.

 

Sur è una chicca. Adagiata lungo la costa ha una lunga passeggiata: la bassa marea forma una laguna naturale ed il villaggio bianco di Ayjah appare in tutta la sua bellezza. La città è famosa anche per i cantieri dei dhow, le tipiche imbarcazioni di legno. A questo proposito, pagando un rial, è possibile vedere gli alacri carpentieri al lavoro.


 



 

 

 

Ma il posto che aspettavo con gioia è oltre. La Riserva Naturale delle Tartarughe (Al Hadd Turtles nature Reserve) è purtroppo diventata un acchiappa-turisti. Non metto in discussione i quasi 20€ di entrata, ma ho dei dubbi sull « eticamente corretto ». La spiaggia dove la grande tartaruga verde marina viene ogni notte a deporre le uova è presa d’assalto da centinaia di persone (è l’unico posto, in tutto l’Oman dove abbiamo trovato ben 2 pullman di turisti, e siamo ancora in periodo di restrizioni COVID ed è novembre, quindi non certo stagione turistica). La guida ci porta alle 20:30 verso la spiaggia e dopo quindici minuti siamo lì, a vedere il meraviglioso spettacolo di una tartaruga che depone le uova, e poi le copre, per proteggerle. Pochi passi più avanti alcune tartarughe minuscole iniziano a sgambettare seguendo quell’istinto che dovrebbe portarle verso la  libertà e la vita, quel mare che dista pochi metri ma che per loro è così lontano. Troppe insidie sul cammino, dai cumuli di sabbia da scavalcare, (per loro, così piccole, vere montagne), all’arrivo di brutti uccelli in agguato, pronti per il pasto serale, una corsa per la vita, che purtroppo premierà solo uno su mille.

Animale ancestrale, la tartaruga verde marina è considerata una delle migliori nuotatrici. Con un peso fino a 150 kg ed una lunghezza fino a 100 cm, arriva a riva di notte per deporre le uova. È un “lavoro” impegnativo e stressante, superare la bassa marea e trovare il luogo ideale dove scavare il nido, deporre le uova e poi ricoprirle, spostando la sabbia con le zampe posteriori. Tutto è meticolosamente studiato: la distanza dall’alta marea e la copertura che impedisce ai predatori di localizzare il nido. Due mesi dopo, sempre di notte,  il miracolo si compie e quei piccoli affarini iniziano a muovere le zampette strisciando sulla rena bianca. Sembrerebbe tutto perfetto, ma la luce puntata in faccia alla tartaruga intenta a deporre le uova (quindi già in un suo intimo momento di stress), la stessa luce accecante sui piccoli appena stanati che dovrebbero seguire la luce naturale della luna, ed infine le molteplici scarpe dei tanti turisti che si muovono sulla sabbia nel buio, senza verificare se sul cammino ci si imbatte nella lotta per la sopravvivenza del cucciolo, mi lasciano alquanto perplessa.

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La strada costiera dopo Sur è sabbia e mare e barchette di pescatori e odore di salmastro e voli di gabbiano ed idea di libertà. Qualche villaggio, dolcemente adagiato su un paesaggio monocromatico, sotto un sole ancora rabbioso in autunno inoltrato. Le case sono brutte, vecchi rettangoli che sembrerebbero abbandonati, se non fosse che all’improvviso si apre la porta ed esce un vecchio, pronto a raggiungere gli amici al ritrovo giornaliero. E, come di consuetudine, mai una donna in giro.

 

 

Quattro giorni di viaggio, lenti, tra i silenzi del deserto di pietra e l’amoreggiare del mare di notte: amo  le notti in tenda tra terra-mare-cielo, quei momenti di intima meditazione in pace con il mondo. E le onde che si infrangono morbide, con quel vento sottile e la temperatura rovente del giorno che cala bruscamente trasformandosi in quell’abbraccio dove lasciarsi andare ai pensieri più arcaici. Mi sembra di tornare bambina, con i sogni rosei che non vedono la realtà. Notti serene, ed al mattino mi illudo : « una  donna è mille volte più attraente quando esce dalle braccia di Morfeo che dopo un’accurata toilette » (Giacomo Casanova).

Vicino alla cittadina di Duqm, in mezzo al deserto di sassi, all’improvviso appare una stradina sterrata pulita, che porta al Giardino di Rocce: una passeggiata tra incredibili enormi sassi dalle forme capricciose. Un museo naturale semplice ma di grande bellezza.

 

 

 

Tra realtà e magia la lunga strada per Salalah è una “monotona” distesa di sabbia dorata, mare cristallino e mutevoli dune di rocce di un deserto dalle cinquanta sfumature di color crema e nocciola che diventa arancio verso sera. E se vi annoiate andate a caccia di impronte: sulla lunga rena lo scarabeo stercorario traccia il sentiero quasi come un trattore. Le dita sottili, leggermente palmate fanno pensare ai fenicotteri, quelle profonde a zoccolo denotano il passaggio dei montoni, ed un grande cuore cicciottello con  due occhi è la strana impronta del dromedario.


 

 

 

 

 

Una deviazione ci porta alla Pink Lagoon: secondo alcuni studi il colore sarebbe la combinazione tra quell’acqua salata che ha l’alga dunaliella salina (che ha un’alta concentrazione di sale e beta carotène) e alcuni batteri. L’alta salinità con la bassa marea crea questo fenomeno naturale color fragola, decisamente più evidente in alcuni periodi specifici.

 

Ma quanto è bella la strada costiera che porta a Salalah? Chilometri e chilometri di natura incontaminata, tra canyon mozzafiato, con le rocce dalle forme più strane come solo Madre Natura sa fare. E, come direbbe qualcuno “Siamo solo noi! “ per centinaia di chilometri. La strada è ben asfaltata per tutto il tratto (da Mascate a Salalah sono oltre 1200 chilometri, ma se non potete farli tutti e,francamente la prima parte la salterei) vi consiglio comunque gli ultimi duecento/ trecento, pura poesia. Dal Pianeta Marte si va al centro della terra, in un paesaggio che diventa lunare per tornare ad essere “pura vida” quando spuntano un palmeto ed un ruscello, degni di un bel presepe. Ed ecco che appaiono loro, i “Re Magi “ di questo deserto di pietre, i dromedari, sornioni, eleganti, sorridenti.

 

 

Guidare in Oman è un viaggio nel tempo seguendo quelle costellazioni che i navigatori guardavano per orientarsi in mezzo ad un paesaggio di pura magia. I personaggi leggendari aleggiano in quest’aria fina: ecco la Regina di Saba,  Simba il Marinaio ed i Re Magi (l’incenso proviene da queste zone).

Prima di arrivare a Salalah una deviazione fa salire verso i monti. La strada panoramica si inerpica, per passare dal deserto di pietre ad un paesaggio assolutamente verdeggiante. I dromedari attraversano la strada come comuni mortali al rientro a casa dopo una giornata di lavoro.

Ed ecco l’ennesimo “miraggio”: meravigliose cascate da un fiume che scava la roccia. Una sorta di parco naturale, un’oasi con le acque color smeraldo e rocce ocra e vegetazione di quel verde che sa di linfa: così immagino l’Eden.

 

 

Salalah in un bollente sabato di autunno è deserta. Cittadina dispersiva, ho deciso di partire ed esplorare i dintorni e le meravigliose spiagge, come Mughsail Beach, un piccolo paradiso di natura incontaminata e altri piccoli scrigni di Madre Natura. 

 


 

 

E per chi vuole invece la comodità del Resort, Hawana e al Fanar, sono le classiche spiagge con tutto ciò che desiderate: dai lettini sulla spiaggia di sabbia, alle tre o più piscine, ai molti ristoranti dove gozzovigliare. L’immensa proprietà e’ egiziana, frequentata in questo momento da molti russi.

 

Il ritornello delle coste omanite del Dhofar, è sempre e comunque mare color cobalto o verde acqua, e sabbia come farina . 

E poi ci sono quelle location  perfette per una rivisitazione di “Born to be wild”.

Ed il cammelliere che segue la sua mandria

 

 

L’habitat naturale di quella strana pianta da cui si ottiene l’incenso si trova a Wadi Dawkah. “La via dell’incenso” è patrimonio dell’umanità Unesco. Il contesto paesaggistico in cui si trova, è la parte meridionale della penisola arabica, tra l’Oman e lo Yemen, l’unico posto al mondo dove crescono quelle piante resinose da cui si ricavano incenso e mirra. Con l’oro, questi furono i prodotti preziosi portati in dono a Gesù dai Re Magi. Ecco perché la « Frankincense Trail », la via del frankincenso è così famosa. L’incenso valeva come l’oro. La pianta dell’incenso è bassa ed ha un tronco ritorto, che ricorda gli arbusti mediterranei. Un’incisione della corteccia fa uscire la linfa lattiginosa che poi viene raccolta: il pregiato incenso bianco è ancora riservato, per il 30% alla Santa Sede.



 

 

 

Shisr Wubar è un sito archeologico patrimonio mondiale. Siamo arrivati un sabato mattina ed era purtroppo chiuso.

Nizwa e’ una vivace cittadina che appare dopo quel grande deserto di pietra. L’entrata è da oasi, con immensi palmeti da datteri.

Un’atmosfera autentica aleggia tra il souk, dove l’artigianato locale posa accanto a negozi di tutti i generi: dai profumati datteri, agli oggetti in ceramica, fino agli incredibili negozi di armi, con fucili a portata di qualunque mano

 

 



Sempre all’interno delle mura della città vecchia di trova il Forte di Nizwa costruito nel 1650 e diventato oggi monumento nazionale.

 

Le grotte di Al Hoota sono un sistema di caverne collegate con interessanti stalattiti e stalagmiti, non lontano dal più famoso forte dell’Oman, Bahla.

 

Il forte di Bahla è una meravigliosa fortezza storica, costruita nel tredicesimo e quattordicesimo secolo. Le fondamenta sono in arenaria, mentre le mura in adobe.

 

Il mio viaggio in Oman sta per finire.
Per capire usi e costumi di un paese, a volte basta entrare nei grandi magazzini. In Oman la grande catena dei Lulu Hypermarket rappresenta bene la vita locale: dalla frutta  e verdura freschissima, ai tanti piatti della gastronomia omanita, pronti per essere portati a casa e consumati. Ma la corsia più interessante è quella della bellezza maschile: scaffali su scaffali pieni di creme e profumi e deodoranti e dopobarba. Questo vi farà capire quanto gli uomini omaniti tengano al loro aspetto fisico.

 

“Il segreto, cara Alice, è circondarsi di persone che ti facciano sorridere il cuore. È allora, solo allora, che troverai il Paese delle Meraviglie.” (Il Cappellaio Matto)

 

 



 

 

 

bye bye Oman, ora parto per l’Arabia Saudita

 

 

 

 

5 risposte

  1. I can remember coming here to fight the rebels, we were fighting a secret war, the people in the UK never knew we were there, fighting and dying
    It was a dry barren land back then, just a few beduhin and camels and heat, the mountains we tough to climb carrying our kits bags, weapons and ammunition
    Some very good soldiers lost their lives there
    The SAS was there, the parachute regiment was there and a couple of infantry unit
    The forts are still there, the desert is still there, the people are free because of the British troops that fought and died there
    I have never been back here, but I would like to pay my respects to the soldiers that died here

    1. Thank you Derrick. I like your comments, and in particular this one is very very interesting. Thank you again

    1. Grazie dei tuoi commenti: e’un paese molto interessante perché vario, in alcuni posti ancora straordinariamente selvaggio

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