A volte, con molta presunzione, mi sento viaggiatore, semplicemente perché non mi aspetto nulla. Vado, macino chilometri e chilometri, lasciandomi trasportare dagli eventi che mi circondano. Passo ore e ore a guardare quello che scorre intorno.
Se tutto questo vi sembra monotono, probabilmente non siete mai stati in Africa. In Africa tutto succede lungo la strada: la gente cammina, mette su un improvvisato banchetto, si lava, si veste, si pettina, mangia, accompagna le mucche o le pecore al pascolo, gioca con una ruota o a palla, si stravacca sotto un albero ed osserva chi passa, cucina, spazzola l’aia polverosa con uno scopino di saggina, ascolta la musica, balla, cambia una gomma dell’auto, lava la macchina, lavora la dura terra, prepara i mattoni per la casa, fa e stende il bucato, trasporta sacchi enormi su biciclette traballanti, si fa tagliare i capelli, trasporta legname con la bici, fa il trasloco con la moto, tira su l’acqua dal pozzo, prega, prepara la manioca (o cassava), rompe il miglio, trasporta l’acqua, spacca la legna, accende il fuoco, ripara il tuk tuk, trasporta in testa covoni di fieno, vende porta a porta preziosi bidoni dell’acqua con la sua bicicletta stracarica, lava i panni nel fiume, cucina spiedini di carne alla griglia, trasporta tronchi d’albero con la bicicletta o enormi caschi di banane, cammina con grandi bidoni pieni d’acqua in testa in straordinario equilibrio, e …. Potrei continuare all’infinito.
“Karibu” : Benvenuto! In Swahili, suona come un abbraccio affettuoso
La strada che dal confine con lo Zambia porta a nord ovest, verso il lago Tanganika, è una sorpresa: segnata sterrata, in realtà è in gran parte asfaltata e decisamente bella, secondo i canoni africani, un’opera finanziata dagli Americani. Per arrivare a Kigoma, al confine con il Burundi, saranno 800 km di vita che scorre lenta.
Ad un certo punto, a parte il cambio di paesaggio, con la sparizione dei villaggi e l’infoltirsi di natura sempre più selvaggia, e la strada che ritorna sterrata, solo un cartello ci indica che, senza saperlo, siamo entrati nel Katavi National Park, un’area Nazionale protetta della Tanzania occidentale, uno dei parchi più remoti da raggiungere per il turista classico (da Dar Es Salaam o Arusha ci vogliono 3 ore di aereo), ma anche uno dei meglio conservati. Buona parte del parco è paludoso, con fitti canneti e corsi d’acqua, l’habitat preferito di cospicue popolazioni di ippopotami e coccodrilli, ma non mancano antilopi, zebre e bufali che pascolano felici nelle foreste di brachystegia (o miombo)
Questa è un’Africa incontaminata, poco affollata e completamente selvatica. Malgrado sia il terzo parco nazionale della Tanzania, è il parco nazionale che ha subito meno l’influenza dell’uomo nel paese. Una straordinaria immersione in un habitat da film.
Ma sono sempre loro in pole position, i magici ed agognati felini, tanto belli quanti altezzosi, sognati e cercati con tanta pazienza, ripagata dalla bellezza di uno sguardo enigmatico. In realtà è stato molto più semplice, avvicinandoci ad una curva, la prima leonessa era lì, sorniona, sotto un alberello a lato della strada, quasi come se aspettasse qualcuno.
Dopo aver masticato polvere per centinaia e centinaia di chilometri, l’Hilltop Hotel a Kigoma, sembra un miraggio. Dolcemente adagiato lungo le rive del lago Tanganika è un bell’hotel, con quella posizione privilegiata.
Le camere sono spaziose con una meravigliosa terrazza che sovrasta il lago Tanganika. La bella piscina rinfresca anche l’anima ed il ristorante vista mondo rifocilla le papille con ottimi piatti.
qualche dolcissimo animale vive nel parco dell’Hotel
A pochi chilometri da Kigoma, precisamente a Ujiji, nel lontano 10 novembre 1871 un uomo bianco, inviato dal New York Herald, Henry Morton Stanley, veniva festeggiato dalla folla. All’improvviso un barbuto bianco si diresse verso di lui. Il nuovo arrivato si tolse il cappello e pronuncio’, con una laconica flemma molto British, la famosa frase, entrata nella storia: “Dr. Livingstone, I presume” (il dottor Livingstone, suppongo). Il missionario e grande esploratore aveva fatto disperdere le sue tracce da oltre cinque anni ed era ritenuto morto: la scoperta quasi casuale, in questo villaggio dove si era perfettamente integrato, del barbuto personaggio è veramente una pietra miliare della geografia africana.
A proposito di personaggi carismatici ….
La camminata attraversa la secolare foresta di Gombe, un polmone di verde che profuma di linfa . Tra le ripide pendici, io arranco, cercando di controllare il respiro e seguire le orme di chi mi precede, evitando muschi scivolosi, rocce appuntite e tutto ciò che potrebbe farmi rotolare lungo la scarpata. Ogni tanto uno squarcio apre il silenzio della foresta, un grido eccitato improvviso. Il ranger annusa il cielo, come se la risposta fosse lì. Poi si riparte, una piccola catena silente che sale e sale in fila indiana. All’improvviso il ranger si ferma, addita il lato destro e ci invita ad addentrarci in mezzo ai cespugli ed accovacciarci.
Ma prima di arrivare lì, occorre seguire le orme di Jane Goodall, la primatologa che ha aperto al mondo intero questo angolo di paradiso, facendo scoperte rivoluzionarie che sconvolsero la comunità scientifica. Negli anni ‘60 si stabili’ qui per studiare il comportamento di coloro con cui condividiamo il 98% dei geni. Jane sfidò la comunità scientifica più agnostica dimostrando che anche gli animali sono intelligenti.
Situato sulle rive del lago Tanganika, il Gombe National Park non è accessibile dalla strada ma si raggiunge solo via lago, in barca da Kigoma, in circa un’ora e mezza di navigazione
Gli scimpanzé sono un libro aperto: non occorrono competenze scientifiche per individuare la gerarchia del gruppo. Ed il famoso pant-hoot (richiamo), anche se per noi difficile da comprendere, in realtà consente ai vari individui di identificarsi attraverso il suono della voce. Il nostro vicino parente è abituato alla vista di umani, ed avviserà il branco in caso di eventuale pericolo, lanciando strilli ed urla che lacereranno la foresta.
Questo luogo primordiale è un’immersione totale in una vegetazione folta, rigogliosa, una foresta pluviale meravigliosamente preservata.
E loro sono straordinari in questo ambiente da fiaba, dove noi, gli intrusi, possiamo assistere allo spettacolo della vita che scorre.
La strada per Arusha attraversa villaggi Masai, dove la vita scorre lenta tra tradizioni ataviche che incontrano la modernità: ormai si incrociano ovunque Masai con l’abito tipico, che non è cambiato nel tempo, ed il cellulare di ultima generazione. Orgogliosi, bellissimi e consci della loro fisicità, sono allevatori transumanti, anche se oggi spesso sono addirittura stanziali, quando si dedicano all’agricoltura in aggiunta all’allevamento. I Masai hanno una struttura patriarcale con gli anziani che hanno potere decisivo quasi assoluto in tutti gli affari della comunità
Arusha è la cittadina diventata turistica perché da lì partono i Safari per i più famosi parchi della Tanzania, dall’Arusha NP, al lago Manyara, all’incredibile cratere Ngorongoro. Io, purtroppo, devo rientrare: ho visitato questi parchi nel 2015 e speravo di poter tornare, soprattutto al cratere, perché è uno dei posti dove ho visto la più alta concentrazione di animali in vita mia. A questo proposito ho trovato alcuni scatti di sei anni fa
Questa volta mi accontento di trascorrere l’ultimo giorno al Meserani Snake Park. Sono felice di rivedere Ma (vero nome Lynn), dopo sei anni. La dolcissima Ma mi accoglie con un affettuoso abbraccio: lei è una straordinaria signora bianca sudafricana che ha deciso di comprare qui un pezzo di terreno oltre trent’anni fa e costruire dei bungalow per i turisti ed un pub che è diventato un vero punto di ritrovo per i « veri viaggiatori » di tutto il mondo. E lei, hostess impeccabile, si siede a chiacchierare con tutti. Appassionata di serpenti, ha raccolto negli anni le specie più pericolose e rare africane. Purtroppo ha perso il marito due anni fa, ma non la straordinaria forza ed il sorriso contagioso.
Chiudo con una frase di Jane Goodall:
« Quando conosci gli scimpanzé, ti rendi conto che ognuno di loro ha una sua personalità. Quando un cucciolo di scimpanzé ti guarda, ha lo stesso sguardo di un bambino. Abbiamo una grande responsabilità verso di loro. Gli scimpanzé, i gorilla e gli orangotanghi sono sopravvissuti per migliaia di anni nel bosco, hanno avuto una vita fantastica, in ambienti in cui regna l’equilibrio, senza che sia mai venuto in mente loro di distruggere il bosco, di distruggere il loro mondo. Direi che hanno avuto più successo di noi per quanto riguarda il vivere in armonia con l’ambiente ».
4 risposte
Grande ed entusiasmante racconto. La tua scrittura e diretta e descrittiva. Complimenti amica mia.
Grazie Amica, un grande abbraccio
An interesting blog
Glad you got back to snake park again, its a great place to visit
Thank you Derrick for you comment.It was nice to be back to Meserani Park and Ma (the owner) was very happy to talk about her life in the last six years: she is a very interesting woman.