Eritrea (Parte 1) 🇪🇷

 

 


Italo Calvino, nel romanzo “Le Città Invisibili” scriveva: “Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti. “

In Africa esiste un luogo dove l’architettura, il cibo, l’atmosfera dei bar e molti incontri con le persone locali, ti catapultano nell’Italia degli anni 1930, con quel filo di malinconia e quel fascino di decadenza che tocca il cuore.

E’ un viaggio ancora lontano dai sentieri del turismo di massa,  un viaggio nel tempo, dove una parte dell’Africa si intreccia con l’Italia, e sembra quasi che quel cordone ombelicale non sia completamente staccato. L’Eritrea è un paese africano giovane. All’inizio del ventesimo secolo, l’Italia la scelse come luogo della propria ambizione coloniale. Per oltre mezzo secolo fu un matrimonio di due anime che si compensano: da una parte,  la bellezza acerba di un territorio africano con la sua natura affascinante, dall’altra, lo spirito laborioso tipico dell’emigrante italiano che costruisce infrastrutture, strade, palazzi e tante splendide opere per rendere piacevole un soggiorno. Asmara diventa la piccola Roma, all’epoca la reginetta di bellezza tra le città dell’Africa, con hotel di charme, cinema all’avanguardia e caffè che ricordano la dolce vita di Felliniani ricordi.

Oggi andare in Eritrea è relativamente semplice perché il consolato italiano rilascia il visto facilmente. Quello che però non è semplice è il fatto che, una volta arrivati nella capitale Asmara, per uscire dalla città, occorre chiedere autorizzazioni specifiche, registrandosi in appositi uffici predisposti a tale scopo. Ecco che, quindi, non si può  programmare un viaggio dettagliato, ma occorre sapersi adattare alle situazioni locali, in continuo aggiornamento. Un’altra cosa importantissima da sapere, prima di arrivare in Eritrea, e’ che si resterà “fuori dal mondo”. A differenza del resto dell’Africa, qui è difficilissimo, quasi impossibile, avere accesso ad internet, sia negli hotel, che nei vari Internet Cafe’ (che in realtà sono semplici stanze con sedie sparse) della città. Anche con il VPN (che comunque non funziona per gli I-phone), l’accesso al mondo esterno è limitato a quasi tutto, tranne, stranamente, a Instagram e, saltuariamente, Facebook. Tutto il resto è inesistente, da Whatsapp a Telegram : non è facile, per chi è abituato a consultare internet regolarmente, stare senza notizie, informazioni e contatti per ben diciotto giorni!

Altra nota : tra i pochi collegamenti aerei che ci sono con il paese, la rotta via Cairo e’ una delle più utilizzate. Il tratto Cairo-Asmara fa deviare l’aereo sul mar Rosso, questo per evitare di sorvolare i cieli sudanesi, che, purtroppo, in questo periodo, non sono sicuri.

Un’ultima nota: in Eritrea convivono “serenamente “ tutte le religioni. Nel paese ci sono ben 9 etnie, ognuna con le proprie tradizioni, usi, costumi e anche lingua e, spesso, vivono nella stessa zona. 

 

Ecco che, poiché la religione per gli Eritrei è molto importante, si trovano, a poca distanza, chiese cattoliche e cristiane copte e moschee e sinagoghe. Come direbbe qualcuno: “viva la libertà…di culto” per il resto …

no comment!

 

Finalmente si arriva ad Asmara, una delle poche capitali  africane non caotiche.

Patrimonio dell’umanità dal 2017  per la conservazione architettonica modernista, il centro di Asmara e’ un tuffo nel passato italiano, a partire dai grandi viali, come Harnet Avenue, la via principale che, prima del 1974, era dedicata al Negus Halle Selassie’,  e che taglia la capitale in due.

La passeggiata permette di fotografare i segni del passato coloniale italiano, tra alberghi di charme  e vecchie fabbriche : un ritorno agli anni 1930, testimoni di un’epoca cristallizzata nel tempo. Tra le “opere d’arte” , si incontra la stazione di servizio futuristica a forma di aereo Fiat Tagliero. Le due ali laterali di cemento sospese, senza supporto, sono un’impresa ingegneristica che, ancora oggi, stupisce. La stazione di servizio fu progettata dall’ingegnere Giuseppe Pettazzi, come inno architettonico alla fabbrica del Lingotto della Fiat a Torino. È dedicata a Giovanni Tagliero, il direttore della fabbrica Fiat locale, che visse in Eritrea fino al 1964.


Poco distante, in una sorta di grande capannone semi abbandonato, giacciono quelle auto che hanno fatto la storia dell’Italia. Tra ruggine e polvere, spuntano una  Fiat giardinetta, ed una mitica Fiat 2300 appartenuta a Mr.Tagliero: all’epoca, era l’auto dei “benestanti “.

 

 

 

Molte insegne restano fedeli prove di un’italianità che non è stata cancellata.

 

 

 

E poi i meravigliosi edifici art deco’, come il cinema Impero, che presenta una facciata decorata con motivi geometrici,

 

 

ed il cinema Roma, con l’interno rimasto intatto. Qui si ritrovano locandine che raccontano la storia del cinema, quello degli anni d’oro. Ci sono le foto dei grandissimi attori del passato, quei personaggi che hanno fatto grande la loro nazione nel mondo, come Marcello Mastroianni, Alain Delon, Gregory Peck e tantissimi altri. L’interno odora ancora di fumo acre, che sale dal velluto impolverato…ricordi d’infanzia, di un vecchio cinema della periferia astigiana! 

 

 

 

 


E poi lo splendido Teatro di Asmara, con la fontana a conchiglia, il cui interno richiama i teatri italiani dell’epoca.

 

L’Albergo Italia è un altro  edificio del 1899 che mantiene inalterato il suo fascino . Menghetti ne era il proprietario. Il figlio aveva scritto una canzone e Pietro, un arzillo eritreo di ottant’anni che continua, con grande passione, a fare la guida turistica per gli italiani, ce la recita : “Asmarina Asmarina    Di bellezza sei regina. Se ti vedo da lontano, casca quello che ho in mano, Asmarina del mio cuore ! “  

 

 

 

Pietro è un adorabile nostalgico, uno di quei personaggi che speri di incontrare in un viaggio e che ti fa subito immergere nella cultura del luogo, raccontandoti non solo la storia, ma anche quegli aneddoti che non troveresti in nessuna guida turistica. Pietro è un geometra che si è diplomato in scuole italiane in Eritrea, ed ha lavorato anni con imprese di costruzione . Un vero mattatore, che conosce persino il latino, e  che, come Angelo, di cui vi parlerò a breve, abbassa lievemente lo sguardo, quando gli chiedo se ha un po’ di nostalgia dei tempi passati. Eccolo, che mostra uno dei grandi libri, nell’Albergo Italia, che raccolgono gli articoli del “Corriere Eritreo”.

 

 

L’Ufficio Postale e’ un edificio del 1916,  rimasto invariato, dove centinaia di cassette continuano ad essere il recapito per molti Asmarini: ancora un ennesimo bell’esempio della maestria italiana.

Un’altro simbolo d’italianità sono i caffè storici, dove la gente si dà  appuntamento al mattino per condividere un cappuccino, da diverse generazioni.

 


Ed ecco che ci si ritrova seduti accanto a carismatici signori anziani, con le rughe profonde che solcano visi scurissimi, baffi vispi ed occhi intensi, che sorridono. Angelo mi dà il buongiorno con uno sguardo nostalgico e dolcissimo. Lui, figlio di un italiano ed un’eritrea, parla un italiano perfetto, in grado di cogliere anche la battuta spiritosa o ironica, che mi scappa sempre. Si sente un po’ di malinconia nel suo racconto, come se volesse rivivere il passato oggi, non perché è anziano e vorrebbe tornare giovane, ma semplicemente perché vorrebbe una vecchiaia con lo stile di vita di allora, che fa una grande differenza. Vorrebbe vedere la gente lavorare fino alle quindici, andare a casa, pranzare e poi indossare il vestito della festa, per ritrovarsi al cinema delle diciotto. Vorrebbe il cinema pieno “di bella gente” dice lui, come ai vecchi tempi. “Sembrava un défilé di moda…..donne incipriate con acconciature regali e gli uomini elegantissimi: si vestivano e poi uscivano di casa prima, per farsi lucidare le scarpe”…. E poi aggiunge un commento, anche se non mi conosce, o meglio, mi conosce da cinque minuti: “ ti sarebbe piaciuto!”.

 

 

In molti luoghi,  convive anche il meraviglioso rito del caffè eritreo, una vera celebrazione, come quello del the, che spesso accompagna le lunghe trattative d’affari, un altro interessante simbolo del paese. I chicchi di caffè vengono tostati delicatamente con movimenti rotatori, su un piccolo fornello. Poi si procede alla macinazione e alla bollitura,  con una serie di  travasi, che permetteranno all’aroma di diffondersi nell’aria. Uno spettacolo bello per gli occhi ed il palato, quando, alla fine, la tazzina fumante verrà servita su un vassoio con del fresco pop corn. 


La domenica è giorno di celebrazioni. Le chiese accolgono famiglie con l’abito da festa e le lunghe omelie sono seguite da molti fedeli.

 

 

Il pomeriggio ci si ritrova in luoghi molto più ameni. Il Bowling è un altro pezzo di storia: costruito negli anni ‘50, ha un fascino retrò. Nello stesso edificio, molti giovani si sfidano a biliardo o a domino, ma non accettano di essere fotografati: forse perché si giocano il salario?

 

Ad un certo punto, un’auto con sirene spiegate, ci intima di accostare. Il traffico è bloccato e folle di tifosi sono riunite lungo la strada: il ciclismo qui è lo sport nazionale. Oggi c’è una gara. Ma saranno moltissimi i ragazzi eritrei che incroceremo sul nostro cammino, in allenamento, anche sulle montagne che da Asmara  portano,  in ben 2400 metri di dislivello, a Massaua.

Nelle città si incontrano tanti bambini con la divisa: ogni colore indica, più o meno, la classe di appartenenza. ad Asmara, per esempio e’ verde per le elementari,  rosa fucsia alle medie, ma può cambiare in altre città (giallo, blu o altro)

 

Il mercato di Asmara e’ diviso in varie sezioni: qui ci sono i classici venditori di verdura, frutta e spezie,

 

 

 

 

E poi c’è Medebar, il vecchio caravanserraglio, costruito nel 1915, che offriva ricovero alle carovane, che si muovevano lungo la rotta Adua-Massawa-Asmara,  fino al Sudan. Oggi questi commerci sono spariti e la zona è diventata un’area  “drammaticamente interessante”:

Se, da una parte, si producono le spezie locali, come il berbere’ e lo shiro (miscela di spezie”), macinate  in un’atmosfera decisamente insalubre, che sparge le sue sottili polveri nell’aria,

 

 

 

dall’altra si arriva alla zona delle fucine, un’immersione nel girone dantesco dell’Inferno. Qui vengono ammassati e riciclati, dopo lavorazioni, tutti i rottami metallici. 

A Medebar, si cammina tra luoghi dove il duro lavoro di  saldatura  e fonderia, il tagliare e lavorare il ferro incandescente, vengono fatti, senza alcuna protezione, da ragazzi giovani, molti giovanissimi, straordinari, che mi accolgono con un sorriso smagliante inaspettato. Il mio buongiorno in lingua locale ha aperto le porte di quell’inferno che diventa immediatamente uno scambio: loro sorridono, io li fotografo ed insieme riguardiamo le foto con una sorta di complicità. Davvero un bel momento, in cui non ci diciamo nulla, perché parliamo due lingue diverse, ma “ci diciamo tutto”.

 

Grazie, ragazzi, vi auguro di cuore che la vita premi i vostri sacrifici.

Su una collina c’e’ una vista sulla città, che è divisa in vari quartieri.

Se, da una parte, si trovano viali e strade che ricordano l’Italia, oltre la collina, il quartiere  Abashawil  e’ un’immersione nell’Africa vera. Qui, le stradine di terra e ciottoli portano ad abitazioni di lamiera o comunque case precarie dove  vivono tante famiglie e soprattutto tantissimi bambini. Non si lasciano fotografare, anche se è difficile resistere, per una “aspirante reporter” come me, e qualche scatto lo faccio lo stesso perché non si può raccontare solo a parole questa realtà.


Alcune suore hanno raccolto tredici orfani.

 

Un po’ più avanti l, c’è un battesimo in corso e la famiglia ci invita alla festa, con quella generosità e bontà d’animo verso il prossimo che, sinceramente, nel nostro paese non esiste.

Anche solo per uscire in periferia di Asmara, si devono ottenere i permessi che vengono rilasciati dall’ufficio turistico in coordinamento con i vari ministeri. E, purtroppo, malgrado molti tentativi, non sarà possibile visitare territori come Nafka, ex capitale che ha dato il nome alla valuta locale, ma soprattutto Keren, un luogo iconico dove il lunedì si tiene un mercato dei dromedari, un’autentica immersione nel mondo degli affari. Ma Keren (o Cheren) è anche tristemente famosa perché, con la caduta di questa città’, si frantumò di colpo l’Impero Italiano in Africa.

Oggi la città è considerata ad alto rischio, poiché sotto le grinfie di quelle milizie che infestano molte parti del paese.

Ma ci saranno altri luoghi comunque di grande interesse da visitare. Subito fuori città si trova l’incredibile cimitero dei carri armati. L’Eritrea è stata alleata degli USA fino al 1975, dopo,  alleata dell’Unione Sovietica. In questo “museo a cielo aperto”, tra splendidi cactus dal meraviglioso, intenso colore verde linfa, con splendidi fiori gialli, sorgono, accatastati in alte pire, centinaia di armamenti, di ogni genere, dalle jeep, ai pullman, ai carri armati, tutti con etichette in inglese o in cirillico.


 

Il grande cimitero Italiano ha un’area riservata ai soldati italiani morti nei circa 60 anni di colonizzazione ed una parte riservata alla popolazione civile. Grandi tombe di famiglie sembrano mausolei.

 

 

E’ ora di lasciare Asmara: a breve vi racconterò’ il resto della mia Eritrea, che passa da siti archeologici, a città dalla magica atmosfera decadente come Massawa, fino alle straordinarie isole Dahlak, dove è meraviglioso vivere alcuni giorni come un moderno Robinson Crusoe. Seguitemi

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