Lungo la strada che, da Napier va verso sud, ogni tanto appaiono laghetti o una serie di dolci colline, che la natura ha dipinto come in una fiaba. I parchi ed i boschi si alternano.
La passeggiata in una foresta ci permetterà di avvistare uno splendido Kaka, un pappagallo con un piumaggio bruno, rossiccio, verde, endemico di questo paese.
Molte fattorie hanno anche i lama, importati dal Sud America, diventati ormai cittadini a tutti gli effetti di questa terra così lontana.
Nei miei viaggi, io sogno sempre di incontrare animali nel loro ambiente naturale. Per questo ho deciso di andare a Cape Palliser, la punta sud est della Nuova Zelanda del Nord. In una meravigliosa strada che lambisce il mare, tra spiagge di sabbia nera e scogliere bianche, tra il percorso sinuoso fatto di scorci selvaggi (ma quanto è perfetta la natura!) mi ritrovo immersa in una comunità dove noi due viaggiatori siamo gli unici estranei. Le otarie orsine della Nuova Zelanda sono felicemente stravaccate sulle rocce. Adoro osservare i loro movimenti, soprattutto quando si stiracchiano o sbadigliano
Dicembre e’ il mese delle cucciolate: le mamme allattano i piccoli, quindi diventa più pericoloso avvicinarsi.
I maschi lasciano, per un attimo, il loro pigro trantran quotidiano, e “passeggiano” tra le rocce e la strada. Un meraviglioso mondo dove, per una volta, i grigi sono simbolo di gioia e vita serena.
Il nostro viaggio in camper continua. Sinceramente io non sono un’amante del campeggio, ma penso davvero che per vedere e vivere questo paese, non ci sia mezzo migliore. Per informazione, i campeggi in Nuova Zelanda sono tantissimi, pulitissimi, sicuri, molti con piscina ed idromassaggio e splendide location. La maggior parte ha bungalow in affitto e ci sono anche molti glamping, come questo
Alla fine della strada panoramica, con le montagne che sfiorano la sabbia nera,
ed un mare azzurro che gioca con il cielo, appare un fotogenico faro. La peculiarità di questo faro è data dai colori, a strisce rosse e bianche: in tutta la Nuova Zelanda ci sono solo due esemplari. Mi hanno detto che, nonostante la presenza del faro, in zona ci sono ancora naufragi, a causa del mare, decisamente ribelle, in questo tratto di costa.
Al rientro, consiglio una sosta nel villaggio Ngawi, lungo la strada. Tutta la zona è famosa per la pesca, per questo vale la pena fermarsi da “the captain table”, un food-truck che vende fresco fish and chips: il pesce e’ tassativamente il pescato del giorno. Semplice, senza fronzoli, ma ottimo.
Lungo la costa si incontrano strani mezzi che sfiorano la battigia: sono vecchi bulldozer, in età post pensionamento, che qui trovano una seconda vita. Vengono infatti utilizzati per portare le barche da pesca dentro e fuori dall’acqua.
Wellington è più famosa perché qui si trovano gli Studios della Weta, la società che ha creato i più noti effetti speciali del mondo (da King Kong al Pianeta delle Scimmie, fino alla saga del Signore degli Anelli), che per il fatto di essere la capitale della Nuova Zelanda. Città dal forte vento e dall’atmosfera giovane, da visitare girovagando per il waterfront, con bella vista sulle barche, principalmente a vela.
Molti ristoranti si riempiono nel tardo pomeriggio, quando tutti si ritrovano per un drink o la cena.
In zona si trova anche il museo Te Papa Tongarewa, nato nel 1998 con la fusione del museo Nazionale e della Galleria Nazionale d’Arte.
Molto suggestiva la vista dall’alto, sulla collina che guarda il mare, dove, oltre ad un punto panoramico, sorgono anche molte belle case degli abitanti.
Cuba street ha negozi di ogni genere (molti second hand), ma si anima ulteriormente a fine giornata, quando aprono birrerie, ristoranti e locali di ogni genere.
E’ ora di risalire la Nuova Zelanda del Nord passando per la costa occidentale, quella un po’ meno turistica. Anche se amici mi avevano detto che questo non è il percorso più battuto dai turisti, io amo vedere la vita della gente del luogo e quindi mi sono imposta una serie di soste, che si sono rilevate decisamente interessanti. Come Whanganui, situata sull’omonimo fiume, una vera sorpresa , con molti edifici storici che risalgono ai primi insediamenti europei. Una cittadina vivace che mischia il passato con il presente.
Fuori città, la strada riprende la costa selvaggia, con lunghe spiagge di terra nera, come quella di Patea.
Risalendo, si arriva al Parco Nazionale del Monte Taranaki, un luogo carino. A partire dalle cascate Dawson, incastonate in un’ambientazione naturale.
Il Monte Taranaki è uno strato vulcano alto oltre 2500 metri. La sua forma conica ricorda il monte Fuji. Il Parco è una riserva protetta e nel 2017 il governo della Nuova Zelanda ha siglato un accordo che garantisce personalità giuridica alla montagna.
Riprendendo la strada verso il nord, si incontra un’altra cittadina, New Plymouth, adagiata lungo la costa. Molto interessante l’edificio che contiene il museo d’arte contemporanea, la Govett-Brewster Art Gallery.
La strada continua sulla litoranea che mostra scorci meravigliosi, come le “Tre sorelle”, fotogeniche formazioni rocciose, che, in una giornata uggiosa, appaiono come in un quadro drammatico, dove la natura e l’aspetto infinito dell’anima interagiscono, influenzandosi.
La strada varia, alternando il grigiore a sprazzi di sole che creano romantici cirri in un cielo divino.
Risalendo, la nostra visita della Nuova Zelanda del Nord arriva a Rotorua, per suggellare i 3900km, percorsi a volte un po’ troppo in fretta, ma soprattutto per dedicare tempo al riposo, quello vero, coccolati dai vari centri termali . Rotorua è una città situata sul lago omonimo, ed è non solo famosa per la geotermia, ma anche per la forte cultura maori. Tra geyser, pozze di fango bollente ed immersione nel villaggio maori, le attività del luogo sono moltissime.
Waiotapu e’ la “terra delle acque sacre”, quelle pozze che borbottano, sputando fango bollente.
Benvenuti nell’inferno dantesco, con qualche sorpresa: il percorso su passarelle di legno porta in un mondo fiabesco. La tavolozza di colori del pittore sbava, dietro una coltre di sottile nebbia. I laghi colorati di minerali,
Le più incredibili tonalità di verde, splendidi regali di una natura da osservare, ma mai toccare
Naturalmente ci sono anche i geyser, quei meravigliosi fenomeni della terra che ribolle al suo interno e fa sentire la sua presenza con un’eruzione. Qui a Whakarewarewa, Pohutu Geyser, tra i più attivi della zona, erutta anche venti volte al giorno: una magia che nasce da un’esplosione improvvisa, decisamente scenica.
A Hell’s Gate Geothermal Park & Mud Spa e’ possibile immergersi e rilassarsi in un vero bagno di fango all’aperto. Per i Maori, questo trattamento era la cura per alleviare i dolori articolari e muscolari. Dopo l’immersione nel fango caldo, si passa sotto una bellissima cascata fresca, ed, infine, ci si immerge in una tonica piscina fredda.
Per i momenti di relax ci sono altri luoghi dove farsi coccolare. Noi abbiamo amato le Secret Hot Pools, immerse in una foresta. Anche qui, dopo il bagno nelle calde acque termali, è consigliato distendersi nella vasca di acqua gelata.
Lo spettacolo del Mitai Maori Village è un’immersione in una cultura decisamente affascinante. Il popolo maori è di origine polinesiana, ed ha una forte identità fisica: statura alta, pelle bruno chiaro, naso grande ed occhi a mandorla. I Maori che vivono in Nuova Zelanda hanno, come prima caratteristica visiva, il grande amore per i tatuaggi, fortemente identitari. Il tatuaggio, principale strumento di comunicazione sociale, indica addirittura la casta di appartenenza di ciascuno.
Un’altra caratteristica e’ l’hongi, il saluto tradizionale che viene fatto premendo insieme il naso e la fronte contro quelli della persona che si vuole salutare.
Ma noi occidentali, associamo i Maori al grande mondo del rugby. Sono famosi gli All Blacks, assi di uno sport che li venera. Molti campioni di questa disciplina sportiva sono Maori. E chi non conosce la famosa “haka”? La danza tribale di buon auspicio per la gara, e’ un insieme di passi, rituali, urla e movimenti travolgenti, che esprimono un forte sentimento di appartenenza. Ed i Maori sono proprio così: se, da una parte hanno abbracciato completamente lo stile di vita moderno (hanno cellulari, parlano perfettamente l’inglese, e si vestono all’occidentale), dall’altra, continuano a mettere al centro della loro vita la comunità ed i legami famigliari.
Un esempio è proprio il Mitai Maori Village, tutto a “gestione famigliare”, con uno spettacolo che racconta la loro vita messo in scena da un nucleo di persone, tutte imparentate tra di loro. La vita del passato si integra lentamente con il presente. Alla fine ci sarà il banchetto, un buffet con la famosa carne d’agnello cotta sotto terra (l’hangi, il barbecue primitivo), ed altri assaggi di cucina locale. Una serata da non mancare. In realtà l’hangi è un vero rito sociale: tutta la famiglia partecipa alla complessa preparazione ed attende la cottura (fino a 4 ore), con grande gioia ed un po’ di ansia. Già, perché anche oggi, come in passato, restano i riti scaramantici e le credenze: una cottura riuscita male è presagio di catastrofi o problemi imminenti.
A Rotorua si può anche fare un po’ di vita da spiaggia sul lago balneabile.
Prima di tornare al nostro punto di partenza, Auckland, ci sono ancora alcune soste molto interessanti: la prima è la città di Hamilton ed i suoi strabilianti Hamilton Gardens. Si tratta di un luogo dove sono stati ricostruiti dei giardini, tra i più belli del mondo. Una passeggiata totalmente gratuita (molti sponsor locali contribuiscono al mantenimento di questa chicca). Si cammina anche tra il giardino giapponese della contemplazione, il cinese , l’inglese, l’indiano, l’italiano del Rinascimento, e lo strano, accattivante, giardino surrealista
proseguendo verso la costa occidentale, si arriva alla famosa cascata Bridal Veil, immersa in una bella foresta.
Più avanti la cittadina di Raglan, meta di surfisti e creativi.
Il nostro viaggio nella Nuova Zelanda del Nord e’ finito. E’ ora di volare a Christchurch, da dove partirà il mio lungo overland della Nuova Zelanda del Sud. See you soon!
Vi lascio qualche immagine di persone incontrate nel mio viaggio, che hanno gentilmente posato per me.