Uomini, donne, bambini, oggi, in Africa: Pensieri di viaggio!
A breve ripartirò per il mio giro del mondo, e, tra altro, tornerò in Africa, quel Continente Amore/Odio, in cui ho trascorso anni. Mettendo a posto le mie fotografie piuttosto recenti (meno di un anno fa) ho deciso di scrivere alcune considerazioni. L’Etiopia è il micro cosmo che mi serve da esempio, per rappresentare tutta l’Africa nera, quella fuori e nascosta dai Club Med, o dai lodge cinque stelle. Il mio è un semplice racconto di una realtà, senza giudizi, senza analisi del perché e senza proposte di cambiamento. Non sono in grado ne’ di dire perché oggi la situazione sia questa, ne’ come si possa migliorare: non ho né gli strumenti ne’ la presunzione di poter cambiare. Semplicemente, sono una viaggiatrice che osserva e descrive ciò che vede.
L’Etiopia è il secondo paese africano per popolazione (dopo la Nigeria), cresce a velocità della luce e questo mi fa tanta paura. Oltre centoventi milioni di persone (ufficiali, perché purtroppo, come in gran parte dell’Africa, tanti bambini crescono come i funghi e non vengono neanche registrati). Sono cosciente che non sia il miglior modo per iniziare un blog , ma la mia etica mi impone di descrivere la realtà che vedo nei miei viaggi, decisamente atipici perché attraversano, anche, e soprattutto, il paese meno toccato dal turismo.
Ho fatto un viaggio di immersione totale nel paese, quarantacinque giorni, la maggior parte in aree lontane dov’è il turismo non esiste.
La popolazione in Etiopia urla la disperazione: pochi i sorrisi, tanti i corpi che vegetano in mezzo all’immondizia.
L’Etiopia è un paese dove la povertà che si vede è disarmante. Ma per chi vuole vivere la cruda realtà, oltre, naturalmente le città, come Addis Abeba, dove la gente si trascina per strada da un angolo all’altro con la mano tesa e la speranza nascosta, consiglio di percorrere la lunga e lenta strada da Addis ad Harar, circa cinquecento chilometri di allucinante realtà. Tra ridenti colline di un verde accecante, con qualche poetica nuvola che dona l’immagine di un quadro d’autore, i villaggi si susseguono tra miseria e povertà, come se non vi fosse un domani.
I bambini urlano “farenge, farenge, money money” (bianco, bianco, soldi, soldi). E quando chiedi : “why? Perché?” o “what’s your name?”, non sanno cosa risponderti, perché in realtà l’unica parola straniera che conoscono è “money”.
L’elemosina è un cortocircuito che colpisce soprattutto i bambini che, nella loro ingenuità, pensano di poter vivere di questa. Sebbene vittime innocenti, diventano parte integrante di quel sistema che crea dipendenza e rende normale una cosa che non dovrebbe assolutamente essere normale. Questi saranno i futuri uomini cui tutto è dovuto, semplicemente perché si considerano nati nel posto sbagliato.
Viaggio in Africa da quasi quarant’anni, e purtroppo devo dire che, anche se qualcuno mi dice che il mondo è cambiato anche nei nostri paesi, quello che ho visto qui è sconvolgente.
Toglietevi di mente quelle visioni da mal d’Africa di timidi bambini con gli occhi dolci che ti guardavano cercando una dimostrazione d’affetto, e quando gli indicavi di venirti incontro, arrivavano con la piccola manina magra scura che sfiorava il mio braccio bianco e guardavano con curiosità quei sottili peli chiari (i neri non hanno peli), e poi un sorriso che riempiva il cielo…. e mille grazie per quel pezzo di panino preparato comprando pane e pomodori.
Oggi i bambini non vogliono cibo (spesso ho provato ad offrire cibo), vogliono soldi: non chiedetemi per fare cosa. Penso che sia una richiesta dei genitori, ma, se all’inizio ti chiedono i soldi con un sorriso, purtroppo quando dici “no, non ti do’ soldi”, ti guardano con astio. Vittime di uno sbando totale.
Ci sono al mondo molti paesi dove quando una donna resta incinta la famiglia attende con impazienza il fiocco azzurro.
Ma in Etiopia non è così, in Etiopia vige il detto « Speriamo che sia femmina ». Sembra tutto estremamente romantico, nella nostra visione occidentale di una Barbie che si vaneggia tra boccoli d’oro e qualche passo di danza, nel vestito scintillante rosa confetto. Ma qui la realtà è ben diversa. La Barbie ha un abito da Cenerentola che copre a malapena le nudità, ma non la tristezza dell’anima. Al posto di una bambola, un bidone da portare fino al vicino pozzo (chilometri e chilometri) dove sarà riempito d’acqua e poi caricato sulle spalle fino a casa.
Se si è fortunate, si torna con l’asino (per la comunità)
Al posto dei giochi, il sorgo da ridurre in poltiglia, con un lavoro fisicamente impegnativo.
E poi i panni della famiglia da lavare nel rigagnolo (se si è fortunati), oppure nella pozza in mezzo alla strada dopo una notte di pioggia
E poi preparare il pasto per il padre, i fratelli, le sorelline
E poi preparare l’injera, il pane per la settimana.
E poi lavare le pentole
E poi andare alla ricerca del legno, preparando fascine da caricarsi ancora sulle spalle o sull’asino.
E poi accudire al bestiame (capre, asini e mucche)
E poi vendere i pochi frutti (cipolle, pomodori, patate, banane) che la terra ha dato
E poi vendere il qat (o Khat) ai maschietti
E poi scopare il cortile davanti a casa
e poi portare Sacchi enormi
E tutto questo con il fardello di un bambino sulla schiena e spesso anche uno in pancia.
E finalmente arriva la notte ed ecco che Cenerentola deve attendere l’arrivo del suo “Principe Azzurro” che, ben riposato da una giornata di dolce far niente e pieno di energia (masticando Khat tutto il giorno), la userà a suo uso e piacimento.
Voi direte : e gli uomini, cosa fanno?
Eccoli nella loro giornata tipo:
Iniziamo con una bella colazione al bar.
Poi un po’ di relax con gli amici masticando un po’ di qat, le maledette foglie che danno « poteri magici »: bisognerà pure recuperare un po’ delle energie perse nella notte
È l’ora di un buon te’ a casa con gli amici e chiacchiere a gogo
O una birra in compagnia
Poi una partita a calcetto, per allenarsi
Fa molto caldo, a mezzogiorno, meglio sedersi ad un ristorante per un buon pranzo tra amici.
Siesta, con birra e documentario in tv
Sbirciatina al telefono con amici: ci sono partite di calcio in onda? O chissà cos’altro distoglie l’attenzione alla socializzazione.
Torniamo al bar, dove c’è una vendita di maglie: è l’ora dello shopping!
Un salto dal barbiere
Poi una partita a tombola?
O a biliardo?
Ed un riposino sull’erba
Altro salto al bar, per aggiornamento ultime informazioni
Poi mi faccio pulire le scarpe dal sciuscià
Prima dell’impegnativa partita / torneo
Poi due chiacchiere tra amici
Si sta facendo sera. Andiamo a comprare un po’ di qat : ho bisogno di un “aiutino” per la notte!
lunga trattativa…. 😫 che stress!
Ed infine è ora di lavarsi e prepararsi … per la lunga sera / notte
Vi lascio questo scatto rubato, che per me rappresenta perfettamente la società etiope: il giovane, palestrato, pulito e profumato che passeggia, e, dietro, le bambine che trascorrono la loro giornata accovacciate, sperando di vendere un pugno di peperoncini verdi.
Ho sempre pensato che la vita più dura fosse quella degli asinelli, frustati e costretti a portare carichi pesanti, ma poi mi sono resa conto che almeno, di notte , gli asini possono riposare e non sono costretti a soddisfare i piaceri di un maschio che non hanno neppure scelto.
Anche questa è l’Africa.
2 risposte
Ces femmes comme du bétail à la peine depuis leur naissance jusqu’à leur dernier souffle …sans compter que probablement elles ont subit l’excision …question … ce pays est bien en majorité chrétien le seul d’Afrique ? Et cela ne change en rien l’indigne condition de la femme
Ho sempre pensato che il fanatismo religioso di ogni credo, sia uno, se non il più grande, dei problemi del mondo. In Etiopia la maggior parte è cristiana, anche se l’Islam sta aumentando prepotentemente.
Nel caso specifico, ho viaggiato con un’amica che aveva visitato le stesse zone in Etiopia, fine 1990 ed è rimasta sconvolta nel vedere, ora, la maggior parte delle donne e bambine con il velo, soprattutto tra Addis A e Harar. È difficile credere alle statistiche quando si vedono uscire dalle capanne decine di bambini e si ha la conferma che non sono mai stati dichiarati all’anagrafe alla nascita.
Per quanto riguarda le donne, in ogni religione sono segregate. Ricordo quando partecipai alla festa delle donne a Lalibela, una delle più famose feste Cristiano ortodosse: come straniera fui invitata ed ebbi l’onore di sedere in tribuna, con patriarchi e vescovi. E non mi sfuggirono le risate e occhiatine delle grandi autorità (tutte maschili) , mentre le donne lèggevano il decalogo dei loro diritti, decisamente basici. Alla fine, la lunga fila di donne, venne a prostrarsi davanti al prelato, baciando gli anelli, e ringraziando per una giornata (all’anno) di festa. E poi tutte di corsa, a servire il pasto preparato con gran maestria, ai prelati stessi. Ma non era la loro festa?