Lo ammetto: se non fosse perché ho deciso di visitare tutti i paesi del mondo, probabilmente non avrei mai pensato di venire in Kuwait. Grande errore, perché questo paese si è rivelato una bella sorpresa. Poiché credo che in un paese il ruolo più importante lo giochino gli abitanti, ebbene qui ho trovato un’accoglienza davvero speciale. Si, posso davvero dire che questo è uno dei paesi più “friendly” in cui sono stata
Un paese in fermento continuo, con cantieri aperti che sbucano come funghi, ed innalzano grattacieli sempre più proiettati verso lo spazio aereo. Non dimentichiamo che fino a poco tempo fa qui c’erano rocce e deserto ed ora i quartieri prendono forma in una città, Kuwait City, che ha chiuso la triste pagina dell’occupazione irachena e si sta proiettando sulla scia degli Emirati.
E poi non pensate che ….uffa chi me lo fa fare di andare in un paese con 50 gradi!!!!….. io sono arrivata a fine dicembre, con la bellicosa idea di approfittare anche delle spiagge, e non ho mai tolto il piumino.
L’apparenza inganna, lo si sa: in effetti qui sembra tutto banale, non è certo l’atmosfera lustrini e paillettes di Dubai, ma, francamente, la qualità della vita sembra davvero elevata.
Basta fare un giro al The Avenues, il più grande centro commerciale del paese, un grande villaggio coperto. Tra finte palme, finti cieli e finte vie pedonali, i ricchi, pardon, i normali abitanti del Kuwait trascorrono il loro tardo pomeriggio in famiglia. Lui, rigorosamente in deshdasha (o thawb)quell’ampia veste di cotone bianco per l’estate o marroncino o grigio in inverno, e lei in abaya nera. Sembrerebbe tutto così monotono, ma in realtà anche la società kuwaitiana ha i suoi capricci, esattamente come da noi. Apro una parentesi sull abbigliamento maschile.
Il Ghutra o kefiah maschile, il copricapo fatto con un pezzo di tessuto in cotone indossato dopo aver piegato la stoffa a triangolo, ha molte varietà: si chiama Shemagh, quando è a scacchi rossi e bianchi, Scialle, quando è in lana o cashmere ed i bordi ricamati con fiori. E , per complicare la nostra ignoranza sugli abiti locali dei paesi arabi, vi aggiungo che i dettagli importanti sono ben altri. In Kuwait va di moda il colletto (con un bottone solo), mentre la veste deve cadere un filo sciancrata e aderente. In Oman, invece, dove non esiste il colletto, vengono applicati dei nappi attaccati all’altezza del petto. I “kandura” o “dishdash” del Bahrain sono ampi, con un colletto di camicia e le piccole tasche. E per finire i raffinati sauditi , hanno il colletto con due bottoni, e le maniche da camicia lo spazio per mettere i gemelli. Gli Emirati invece hanno una lunga apertura davanti e dei ricami sulle maniche.
Concludendo la mia divagazioni sugli abiti maschili, una cosa è certa: molti oggi indossano abiti casual, ma per andare al lavoro il dishdasha è come per gli uomini italiani il completo giacca e cravatta: irrinunciabile!
Tornando allo Shopping Center, questo è veramente il posto perfetto per capire la vita dell’abitante del Kuwait.
Soprattutto nel tardo pomeriggio quando il viale dello shopping è preso d’assalto da allegre famiglie. Lui, lei, tre bambini e la tata filippina. Il classico quadretto fa le vasche tra un negozio e l’altro, guarda, entra, ed esce stremato con pacchi e borse. Che stress fare acquisti, soprattutto nei lussuosi negozi come Louis Vuitton, dove, per poter accedere e comprare una borsa da migliaia di euro, bisogna pure mettersi in coda!
Meno male che poi ci sono centinaia di ristoranti dove rifocillarsi, dal classico, stile “trattoria” del Souk, che propone buoni piatti Arabi, alle catene americane, ai ristoranti Haute Cuisine, comprese le gastronomie come i fantastici Dean and DeLuca o Eataly che vendono deliziosi agnolotti fatti a mano al prezzo dei diamanti e mascarpone in scatola al prezzo dell’oro.
Ma poco importa, a chi vive nel quinto paese più ricco del mondo per reddito nazionale lordo pro capite.
A proposito di shopping, si sa, qui la donna deve essere burrosa e piena di forme. Ed è straordinario come i negozi non solo propongano taglie molto over la XXL, ma usino anche manichini dalle forme giunoniche.
The Avenues è veramente un Centro Commerciale estremamente democratico. Trovo straordinario vedere, accanto a casti negozi di abaya, dal monocolore smunto, sfavillanti vetrine che propongono abiti succinti davvero “dress to impress”!
Nel 2016, il Kuwait aveva una popolazione di 4.5 milioni di persone: 1.3 milioni sono kuwaitiani e 3.2 milioni sono espatriati.
Una straordinaria e ambiziosa politica di diversificazione dai proventi petroliferi è in corso ed entro il 2035 il paese diventerà un centro commerciale e finanziario, con un potenziamento dell’industria e delle esportazioni. L’ammodernamento delle infrastrutture, gli investimenti importanti in energia, tecnologie e trasporti, permetteranno al paese di mantenere quella ricchezza nata con la scoperta dell’oro nero, alla faccia di quegli iettatori (sempre detto che l’invidia è una brutta bestia), che dicevano : “un giorno il petrolio finirà e così anche quei paesi, come il Kuwait”.
Torniamo in mezzo alla gente, anzi tuffiamoci in quel luogo che mi ha fatto amare il paese. Si sa, il Souk è il ritrovo di tutti, ma qui è stato veramente speciale: il Souk Moubarakia è dove si respira l’atmosfera più autentica. Sarà la mancanza di turisti (oltre al problema mondiale del COVID, in effetti quanti decidono di fare turismo in Kuwait?), ma la gente ci ha accolto come degli eroi. Pronti a scambiare due chiacchiere, a farsi immortalare in una foto ricordo, e non solo: quando ho osato chiedere (io donna) ad un gruppo di signori seduti ad un tavolino di un caffè se potevo fare una foto, dopo aver acconsentito, ci hanno invitati al loro tavolo, offrendoci una tazza di tè e strepitosi sorrisi a trentadue denti.
Anche i macellai posano per la foto, così come il venditore di datteri.
E che dire del perfetto “Modello” che ha talmente amato la mia versione “teatrale” del suo ritratto da chiedermi di inviargliela via whatsapp?
Il Souk è bellissimo, tra i profumi ed i colori straordinari della frutta e verdura, le teiere di varie fogge, i negozi di profumi, le macellerie con la carne preparata sul posto e banchetti che vendono veramente di tutto.
E poi una grande area all’aperto con meravigliosi ristoranti stile sagra, che propongono zuppette di lenticchie, freschi barbecue, pane appena sfornato e profumati the alla menta. E per chiudere in dolcezza, morbidi datteri, magari con croccanti nocciole! Ed i proprietari, gentilissimi, pronti a farti assaggiare qualsiasi cosa tu chieda: “try this, and this, And this…. And then choose”: “prova questo, e questo e questo, poi scegli di ordinare quello che ti piace”!
Come tutti i paesi arabi che si affacciano sul mare, la Corniche è la bella passeggiata con spiaggette e baie molto silenti in una giornata invernale.
Il vecchio ed il nuovo che si ritrovano, tra i saggi e vissuti dhow in legno e le barche moderne che sfilano davanti allo skyline di grattacieli.
Le tre torri, sono un po’ il simbolo del paese. Tre strutture dalla forma a torre che svettano stizzose sul lungomare, un bel mix di tradizione che sposa il moderno. La più alta raggiunge i 187 metri ed ospita un ristorante con vista panoramica.
A proposito di viste spettacolari, sicuramente dovete uscire la sera, perché è quello il momento in cui anche gli edifici si mettono l’abito sgargiante. Tutto si illumina, dalla Torre di Liberazione, una torre televisiva alta quasi 400 metri, con una decorazione esterna fatta di piastrelle di ceramica,
Alla fontana, fino al grattacielo Al Hamra, 77 piani, con un ristorante sul tetto che offre un panorama mozzafiato sulla città. La particolarità dell’edificio è però la sua forma, che sembra una pergamena spiegata.
A proposito di posti particolari, se avete tempo fare una visita alla “ Casa degli Specchi” , un luogo davvero curioso. La casa della Signora Lidia, di origini Italiane, che manca dal nostro paese da quasi sessant’anni (anche i ricordi linguistici sono decisamente datati!) è una specie di museo. Il marito era un’artista kuwaitiano. La sua casa ospita quindi i lavori del defunto marito, ma anche i suoi. In realtà la sua vena artistica iniziò quando ruppe un grosso specchio e decise di usare i frantumi per rivestire un brutto muretto di casa. Poco per volta la casa si trasformò in un vero e proprio mosaico, fatto di frammenti di specchi. Ma forse la parte più interessante è proprio l’incontro con Lidia, che sembra un personaggio d’altri tempi, un po’ fiabesca e divinamente ironica. Il biglietto di entrata di pochi euro comprende un ottimo the e dei saporiti biscotti fatti da lei.
Non siete ancora soddisfatti dei grattacieli che avete visto in città? Nessun problema, guardatevi bene intorno: potrebbe apparire riflesso in un grattacielo qualcosa di nuovo che sta sorgendo proprio dietro di voi. Ve l’ho detto all’inizio che il paese è un cantiere. Sono certa che quando tornerò, tra qualche anno, probabilmente sarà difficile riconoscere gli stessi posti
E riparto, confermando che il Kuwait è veramente uno dei paesi più “Friendly” mai visti e dove, davvero vorrei tornare, proprio perché i sorrisi riempiono il cuore.