Arabia Saudita (Seconda Parte)

 

“Born to be wild” nata per essere selvaggia. Penso sia il termine perfetto per descrivere questa terra, fuori dalle grandi città. La strada che porta verso Riyadh e, dopo, quella che porterà verso il confine con il Qatar, è un piatto deserto di sabbia e terra e sassi e ciuffi di bassi arbusti opachi perché coperti da quella rena sparata dal vento. Un paesaggio monotono e mono tono, anche il vento stanca e tedia per la sua piatta uniformità. La strada scorre ma i chilometri sono tanti, migliaia, e la velocità non può eccedere i cento chilometri all’ora. Lunghe giornate dove tutto sembra assolutamente uguale.

Qualche carovana di dromedari

Ed il cielo che regala favole meravigliose

 

Solo qualche deviazione ci fa incontrare le variazioni della natura. Al Waba è un cratere vulcanico con alti pareti che raggiungono 250 metri e due chilometri di diametro.

 

Ed eccoci al Confine del Mondo. Edge of the World o Jebel Fihrayn, è scenografico. L’imponente formazione rocciosa si trova a nord-ovest di Riyadh, a circa 100 chilometri e domina l’immensa pianura.

Riyadh è immensa, una vera capitale. Meno appariscente e frizzante di Jeddah, è comunque anche lei in evoluzione. Il futuro è già visibile, nei scenografici grattacieli, che spuntano come funghi. Diverse personalità escono da quel cemento sparato in aria: dal particolare a spirale, alla serie di palazzi con forme diverse e tanto vetro, fino al super trendy Kingdom Centre. 

 



 

 

Quest’ultimo ha preso il premio come miglior grattacielo al mondo per il design nel 2002. Di giorno sembra un immenso apribottiglie, ma di notte si trucca e si trasforma in un esplosivo elegante luogo di ritrovo, sia da parte dei ricchi arabi che arrivano per il costoso shopping serale (tutti i più famosi marchi della moda mondiale hanno una loro vetrina qui), che dei turisti, che pagano volentieri il prezzo del biglietto (circa 17€) per salire sui due ascensori che ti proiettano fino al novantanovesimo piano. Da lì’ lo Skybridge mostra la città in abito da grande soirée. I colori dei grattacieli illuminati danno un senso all’onnipresente traffico congestionato di una metropoli che esce dal letargo quando arrivano le tenebre.


 

Dopo la siesta, i negozi aprono le loro saracinesche, i mercati si animano ed i ristoranti si illuminano per offrire ai turisti, che stanno arrivando, tutto ciò che desiderano.

Ecco che il Souk prende forma, con i mercanti sorridenti ed i loro “welcome, welcome”.

Dallo zafferano ai tappeti, dalle scarpe alle armi, e poi abiti, profumi, e vecchia paccottiglia per gli amanti della memorabilia.


 

E poi ci sono gli shopping Mall, dove puoi trovare  di tutto. Le ricche donne arabe si danno  appuntamento all’Abaya Mall, un centro Commerciale dedicato solo ed esclusivamente al tipico abito arabo, l’abaya. Tra i tantissimi negozi sfila la nuova collezione per chi vuole essere sempre alla moda. E sfatiamo quella mentalità tipicamente occidentale che pensa che l’abaya sia solo un pastrano nero informe: esplosioni di colori, ricami ton sur ton, tessuti preziosi arricchiti da gemme ancora più rare, fiocchetti e nastrini, maniche svolazzanti o dalle forme più strane. La creatività può competere con la nostra: solo due cose sono sempre uguali, la lunghezza che deve arrivare alla caviglia e le maniche che devono coprire tutto il braccio. Dimenticavo, niente tessuti stretch o che lascino minimamente vedere una seppur minima forma della donna.

 

A proposito di stranezze, vi mostro una foto che ho trovato incredibilmente ironica, ma altresì vera: Il manichino, in un negozio di un centro commerciale, che vende abbigliamento per uomini. Si sa, gli arabi amano l’opulenza, anche fisica!

 

Diriyah è il fantasmagorico progetto che metterà insieme il passato ed il futuro. Purtroppo non è pronto e quindi non possiamo accedere a quello che sarà certamente il posto da vedere nei prossimi anni. L’antica straordinaria città di Al Turaif, ed i suoi splendidi edifici in mattoni di fango, patrimonio Unesco dal 2001, oltre ad essere meravigliosamente restaurata, come in un grande concerto, avrà il suo gruppo di apertura. La diva sarà attorniata da quell’immenso e scenografico complesso di negozi, ristoranti, hotel, che accoglieranno i turisti di tutto il mondo su undici chilometri quadrati. Il progetto 2030 del visionario principe ereditario procede: in periferia spuntano chilometri e chilometri di cantieri in fibrillazione e lunghe file di gru che mostrano un fermento di lavori, giorno e notte. Migliaia e migliaia di manodopera dei paesi asiatici meno abbienti, che scavano e costruiscono opere per accogliere quel turismo sempre più esigente alla ricerca di una novità da raccontare al ritorno a casa.

 

Ma torniamo in città.

Ed eccoci in una piazza dall’aspetto tranquillo. Ma come spesso succede, il colpevole è l’insospettabile . Deera Square, pardon Chop Chop Square o Piazza della Giustizia è il luogo delle esecuzioni pubbliche. I crimini punibili nel Regno saudita con la pena di morte vanno dall’omicidio al traffico di droga, ma non solo. Un raccapricciante elenco si aggiunge alla lista: dall’adulterio all’omosessualità, dall’apostasia di un giovane poeta, colpevole di aver diffuso l’ateismo, alla blasfemia; dall’idolatria alla stregoneria. Quello che era il primo paese “Boia” al mondo ha eseguito 596 pene nel 2010 ed il triplo nel 2011. Ma nel 2019 le esecuzioni sono state 184 e nel 2019, “solo” 27. Questo calo repentino venduto come “moratoria sulla pena di morte per i reati di droga” , pare sia invece conseguenza della necessità di evitare le critiche da parte di tutta la commissione governativa del vertice del G20 del periodo precedente. Ci sono tre tipi di esecuzioni: lapidazione, crocifissione e decapitazione. Rimane visibile la grata dove viene fatto scolare il sangue della vittima.

 

 

Il Forte di Al-Masmak è un bel Palazzo di mattoni d’argilla del 1865, all’interno della città. Restaurato negli anni 1980, ospita, dal 1995 un museo con esposizioni di armi e costumi antichi, che raccontano la storia della conquista dell’Arabia da parte della famiglia Al-Saud. Le porte sono in legno, così come i tetti dell’edificio. Il forte Masmak contiene anche una moschea.



Il lusso sfrenato corre davanti ai centri commerciali, con la sfilata di auto prestigiose.

Per un’immersione culinaria nei sapori dell’Arabia Saudita autentica ho un indirizzo straordinario. Najd Village è uno splendido palazzo molto fotogenico. All’interno, un’atmosfera calorosa, tra tappeti dai colori caldi e profumi dal sapore orientale. Il cibo è ottimo: consiglio vivamente il piatto “famiglia” , meravigliosi assaggi di carni e verdure da condividere. Un modo davvero piacevole per provare tutti i piatti tipici della cucina Araba. E, da contorno, l’ottimo pane fragrante, cotto rigorosamente in forno a legna sul momento.

 

Naturalmente ci sono anche le stanze riservate alle famiglie per chi vuole maggior privacy

 

E si riparte verso quel paesaggio dalle cinquanta sfumature di grigio e zafferano.

 


Le antiche rotte dell’incenso e delle spezie di un passato lontano hanno lasciato delle tracce indelebili a Jubbah, dove incisioni rupestri con esemplari di fauna raccontano i millenni passati. In un’oasi, vicina a quei laghi preistorici oggi scomparsi, appare l’arte rupestre del periodo neolitico, quando la zona aveva un clima umido e le carovane cariche di merci (principalmente incenso) provenienti dall’Arabia meridionale, si fermavano per rifocillarsi. Oggi Jubbah è circondata da un mare di sabbia dalle magiche sfumature.


Un immenso paese, l’Arabia Saudita, attraversato in passato da quelle carovane che arrivavano dall’Oriente, e che nasconde tesori di storia antica. Benvenuti ad Al Ula e Mada’in Saleh, siti di straordinaria bellezza. La « Petra » dell’Arabia Saudita è un’immersione totale in quel magico mondo che racconta la straordinaria bellezza di un popolo antico. Il sito di Hegra (nome dato dai Romani, Hijra per i Nabatei), e le sue tombe, sono fotogeniche e magnetiche: la seconda città Nabatea più famosa, ha 94 monumenti funebri. Si trova a circa 22 km a nord della città.

Oltre duemila anni fa, gli appartenenti ad una o più confraternite religiose, si riunivano qui. Ed ancora oggi si vive quell’atmosfera mistica. Dichiarato patrimonio mondiale dell’Unesco nel 2008, il sito mostra le tombe scavate nella roccia da quella popolazione nomade, i Nabatei, che governarono la regione per oltre due secoli. Vi consiglio di prenotare in anticipo le visite di Hegra e Al Ula su: www.experiencealula.com perché c’è il rischio sold out ed il sito non può essere visitato da soli.

 

 



 

Le rocce di arenaria scolpite si stagliano in quel deserto che fa da cornice ad un quadro meraviglioso. Gli ingressi imponenti sono adorni di frontoni ed immense colonne di stile classico.

Imponenti pareti rocciose creano canyon decorati da pitture rupestri. La magica luce che passa tra le fessure crea quell’ambiente favoloso che ricorda molto Petra, la regina della Giordania.

per gli amanti del vintage, si può percorrere il sito a bordo di meravigliose auto retro’ e fermarsi a gustare un te nel deserto

 


Dopo la magia del deserto si torna in città, ma non una qualsiasi. Al Ula è una grande oasi: di giorno un labirinto di case fatte di mattoni di fango monocolore dove nel XII secolo la vita scorreva veloce, come i ritmi dei viandanti di passaggio. Al Ula è stata poi abbandonata ed oggi è in fase di restauro.

 

 

Ma la sera intorno, tutto prende forma. Nella via centrale, vicino all’ingresso delle case di mattoni, i ristoranti offrono un servizio moderno dal sapore retrò. I bar si animano e la gente fa la passerella come in un vero défilé, curiosando tra i negozi di artigianato e quelli di cibarie varie. Tavolate di donne rigorosamente stracoperte che bevono il dolcissimo te, magari accompagnato da freschi datteri o fumano la shisha chiacchierando.


 

 

Ma prima della cena serale vi consiglio un altro posto magico per il tramonto. Jabal Al Feel è una fotogenica immensa roccia, dalla forma di un elefante (per questo è anche chiamata Elephant Rock), che assume colori incredibili verso il tramonto. Il luogo è incantevole.


 

E poi ci sono quegli incontri belli, fatti di cenni e di sorrisi. Il mestiere del cammelliere è molto duro


 

 

Mi allontano per attraversare il confine e raggiungere la Giordania (la mia prossima meta) portandomi dietro il profumo dei datteri e dell’incenso e negli occhi i poetici colori del deserto.
“Born to be wild”: chiudo con lo stesso detto, che però non sarà eterno.
Affrettatevi ad andare in Arabia Saudita, se volete respirare quell’aria autentica. Il progetto del lungimirante principe ereditario sarà sicuramente uno spettacolo grandioso, ma spero non tolga nulla a quella terra un po’ grezza e ingombrante, che però ti accoglie ancora con la curiosità fanciullesca che tanto amo.

 

E vi lascio con la solita carrellata di personaggi (ed animali ) incontrati nel mio viaggio



 

 

 

 

 

 

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