Benvenuti nel “Polmone del Libano”. Il Cedro ha una storia millenaria: in passato, i pendii montuosi del Libano, erano ricoperti da questo albero. Oggi poche centinaia di esemplari sopravvivono in alcune aree del paese. Simbolo di forza e grandezza, il cedro ha una chioma folta che si distribuisce in maniera irregolare e prende, con il tempo, una forma piatta. I frutti, le pigne, hanno una consistenza legnosa. Maestosi, belli ed un po’ altezzosi: Barouk è una riserva naturale Patrimonio Unesco dal 2005. Situata a sud-est di Beirut, nella storica roccaforte dei Drusi. Passeggiare in mezzo ad alberi di oltre 2000 anni è anche un viaggio nella storia, per un’amante della natura come me.
Più avanti vedremo un’altra meravigliosa foresta dei cedri.
Poco lontano dalla Foresta dei Cedri, c’è il monastero della Luna, a Deir El Qamar. Nel 1590 la città divenne la capitale del Libano e, anche quando, nel diciannovesimo secolo, la capitale passò a Beiteddine, per i Drusi, la città rimane il centro del loro potere feudale.
E si prosegue verso Anjar, nella valle della Bekaa, vicina alla strada che collega Damasco a Beirut. Patrimonio dell’Umanita’ dal 1984, il centro archeologico è importante come testimonianza del periodo Omayyade. Si passeggia tra i resti di un insediamento fortificato voluto dal Califfo Walid I, che sembrerebbero di origine romana, ma sono in realtà bizantini. Anjar è vicina al confine Siriano ed ospita una folta comunità armena.
La strada prosegue e “strane costruzioni” appaiono all’improvviso: sono i campi tendati dei rifugiati siriani. I monti vicini e pochi chilometri separano la vita spezzata. Qui pare vi siano molti accampamenti di fortuna, i cosiddetti “informali” , dove vivrebbero addirittura ottocentomila persone, ottocentomila disperati, volti spersi nello spazio vuoto. Una vera terra di nessuno, con condizioni igienico sanitarie indecenti, uno di quei posti dove la speranza è un miraggio, tra immense coltivazioni di cavoli e patate e orzo. Sembrerebbe un lager, ma qualcuno dice che meglio lì che in Siria. E poi, chissà, magari un giorno si riattraverseranno quei monti per rivedere la propria patria. “Inshallah, se Dio vuole”. E poi la nostra guida bisbiglia….. un po’ più in là ci sono ancora i campi di papaveri da oppio. Molti sono stati distrutti (il monopolio è ormai dell’Afghanistan), ma in realtà si dice che in grandi momenti di crisi, un piccolo fazzoletto di terra salvi l’economia disastrata della famiglia e permetta una vita, non certo dignitosa, ma sopportabile.
La Valle della Bekaa ospita uno dei più bei siti archeologici mai visti: Baalbeck è la pietra incastonata in questo gioiello prezioso dal sapore antico. La perla del Libano, di epoca romana, sorge su una collina maestosa.
Templi romani bivaccano sulle fondamenta di una storica città fenicia. Il “Signore della Beqaa” (Baalbek) ricorda la triade fenicia, il Dio Baal, una delle divinità più evocate dai fenici perché nato come Dio della fertilità, la moglie Anat ed il figlio Aliyan.
Luogo amato dai vari dominatori, per esempio Giulio Cesare vi si stabilì nel 47 a.c. e ordinò la costruzione di un complesso dedicato a Giove, Bacco e Venere. Un trionfo della pietra dal linguaggio aulico. Nel periodo bizantino inizia il lento declino, poi, con il dominio arabo, la trasformazione in cittadella fortificata: viene costruita una moschea, oggi in rovina. Ed infine nel 1516 l’Impero Ottomano lo fa dimenticare. Ma Baalbek avrà un’altra vita, quando gli archeologi europei, nella seconda metà del XIX secolo, misero la loro attenzione sulle rovine, che vennero restaurate.
Ed eccoci a passeggio tra un passato remoto che sembra più vicino che mai, tra quella perfezione da spettacolo teatrale. A questo proposito il sito ha accolto artisti internazionali che hanno avuto l’onore di cantare in una cornice da sogno (Sting, Ella Fitzgerald….l’immensità nell’immensità).
La Valle del Vino e della Poesia prosegue. Il clima mediterraneo sicuramente aiuta. Qui, nella Valle della Bekaa si produce quasi tutto
Il vino libanese è antico, risale ai fenici ed ha subito, naturalmente, anche l’influenza francese. La storia del vino è legata ai vari ordini religiosi. Chateau Ksara, nell’omonima valle, è un antico insediamento monastico fondato dai gesuiti cristiani. La vinificazione avviene da uve importate dalla Francia: Syrah, Cabernet, Merlot, Chardonnay, Sauvignon, etc. Le cantine visitabili sono splendide (temperatura ed umidità sono naturalmente costanti ). La degustazione prevede un vino bianco, un rose’, un rosso ed un vino da dessert.
Proseguiamo per le grotte di Jeita attraversando campi coltivati da Palestinesi.
Purtroppo le grotte sono chiuse: la mancanza di turisti fa si che le grotte siano aperte solo il fine settimana, quando ancora resiste, il turismo locale, anche se ridotto dalla crisi economica. Peccato!
Harissa o Nostra Signora del Libano è un santuario di pellegrinaggio che si raggiunge con una spettacolare funivia, che sale, sfiorando i palazzi sorti come funghi. Il Libano è un paese di antica cristianita’ ed in particolare è proverbiale la devozione per la vergine Maria (soprattutto per i maroniti). Per questo in tutto il paese pullulano Chiese e Santuari Mariani.
La Statua della Vergine domina, a 600 metri di altezza, la costa libanese
E poi si riparte per l’interno, verso quei dolci paesaggi verdi che si inerpicano sulla montagna. A 1900 metri Laqlouk è un centro famoso per le vacanze invernali. Chalets, Resort e casette in affitto aspettano gli amanti della neve e non solo. Trekking tra i sentieri e tra i laghetti che si colorano di verde in inverno, con la pioggia. Purtroppo siamo in una stagione particolarmente secca ed i laghi sembrano brutti buchi in mezzo ad una natura stropicciata.
La strada per Seraal è panoramica: si sale e si scende, ad intermittenza, con un sole che illumina le tantissime chiese. Siamo nel paese dei cattolici maroniti, molto religiosi.
A 1500 metri si trova il Museo di Gibran, dedicato al poeta, filosofo e pittore che ha fatto conoscere il Libano nel mondo. Si trova a Bsharri, a 120 km da Beirut, in un’antica caverna dove molti eremiti cercarono rifugio nel VII secolo. Quello che poi divenne Monastero, ospita oggi, oltre alla tomba, manoscritti privati, quadri ed oggetti del grande artista del periodo in cui viveva a New York.
E poi si sale ancora, fino a 2000 metri, per un altro contatto con la natura libanese. La foresta dei Cedri di Dio ha maestosi fusti di cedro millenari, purtroppo oggi a rischio deforestazione. Suggestiva la passeggiata tra quello che è diventato il simbolo nazionale del Libano.
la strada panoramica prosegue con quei paesaggi mozzafiato su vallate ridenti, che sembrano dipinte.
Il Monastero di St Anthony of Qozhaya appartiene all’ordine dei Maroniti Libanesi ed è uno dei più antichi monasteri della valle di Qadisha. Qui si trova il Museo della Stampa, con la prima stampatrice del Medio Oriente.
In Libano ci sono luoghi di culto ovunque, per ogni credo. Nostra Signora di Nourieh è un santuario mariano. Il Nome significa Luce perché la sua storia è una sorta di speranza. Due marinai in una tempestosa notte d’inverno, trovandosi in pericolo, videro la Madonna come una luce che li guidò fino alla riva e quindi alla salvezza. Per questo fu costruita prima una grotta e poi un Monastero, divenuto oggi luogo di pellegrinaggio Cristiano. Da qui poi si gode una splendida vista dall’alto della baia di Capo Theoprosopon.
Da Byblos, ridente città fenicia sulla costa, si può raggiungere facilmente la Cascata delle gole di Baatara, una grotta carsica formatasi nel calcare risalente al periodo Giurassico superiore. La cascata, in primavera ed estate, pare cada per 90 metri per poi infilarsi nei cunicoli che formano la grotta. Purtroppo siamo in autunno inoltrato e non ci resta che vedere un piccolo filo d’acqua.
Douma è un villaggio a 30 km da Byblos, a 1150 metri di altezza. Il clima semi montagnoso lo ha fatto diventare una sorta di luogo preferito per quei ricchi stacanovisti libanesi, che cercano di scappare dalla calura estiva asfissiante. Bellissime dimore sorgono tra i dolci pendii. Le stradine caratteristiche del villaggio vendono prodotti locali, olive, marmellate fatte a mano, e leccornie varie.
Fa parte del distretto di Batroun. A proposito di Batrun, la cittadina si trova sulla costa, a nord di Beirut, ed è nota meta turistica estiva. Città a maggioranza cristiana, tra cattolici maroniti e greco ortodossi.
Byblos è deliziosa, ed anche un posto strategico dove alloggiare: in poco tempo si raggiungono la maggior parte dei siti di interesse culturale e naturale. Noi siamo stati all’Aleph Boutique Hotel, perfetto, sia per la location (la vista sul sito archeologico dalla sala delle prime colazioni è stupefacente), sia per il rapporto qualità / prezzo. In cinque minuti a piedi si entra nel bel Souk, il centro vivace della città.
Ecco la mia amica che fotografa la vista dal ristorante del nostro Hotel
Anche se è stato costruito durante il regno ottomano, è stato restaurato ed oggi è uno splendido e pulito mercato a cielo aperto. Negozietti di souvenir ed artigianato locale, si alternano a ristoranti e caffè dal sapore antico e moderno. Di sera poi diventa il ritrovo di chi vuole bere una birra od un frullato, o entrare nel mood orientale del narghilè.
La città fenicia di Byblos, l’antica Jbeil, conserva i resti di quella che fu una civiltà che dominò i commerci nel Mediterraneo. Patrimonio dell’Unesco, ospita un sito archeologico straordinario. Il Castello dei Crociati si affaccia sul mare come un bel narciso. Dietro, a pochi passi, l’antico porto e, vicino, il Souk.
A proposito di cibo, la cucina libanese è ottima. La grande scelta di verdure e legumi si abbina bene a vari tipi di carne, saporiti da erbe profumate e spezie. Una cucina dagli accattivanti contrasti di profumi e gusti tra le più interessanti del mondo. Un paese dal clima spesso torrido non poteva non avere varie insalate, fresche, da degustare durante il giorno. E qui la fantasia non manca: il tabboulleh locale e’ bulgur (semplice grano duro spezzato), condito con olio, prezzemolo, succo di limone e profumatissima menta rinfrescante.
E poi la Fattoush: il pane arabo viene tostato e poi tagliato a pezzetti, ad incorniciare una delicata insalata di verdure miste (principalmente cipolle e peperoni), condite con olio, prezzemolo, menta ed una tipica spezia dal sapore particolare, il sommaco .
I Falafel sono polpette di ceci speziate e fritte, spesso accompagnate da una salsa tajine: tutto molto vegano. L’ hummus è presente ovunque. Una semplice crema di ceci che diventa nobile quando si sposa con olio e semi di sesamo. Adoro! Sempre per vegetariani, babaganush è la melanzana affumicata, ridotta in purè e mescolata con la tahina: personalmente non amo molto il sapore di questa combinazione, ma è puro gusto personale.
Al ristorante Le Chef di Beyrut abbiamo mangiato una specie di cicoria ripassata buonissima: un piatto semplice da cucina casalinga, ma assolutamente ottimo. Questo ristorante ha una storia recente a lieto fine dopo essere stato completamente distrutto durante la terribile esplosione del 4 agosto 2020. Ristorante storico, molto amato dallo chef Anthony Bourdain, sembrava non ci fosse alcuna speranza in una rinascita, quando, all’improvviso, il noto attore Russell Crowe ha deciso di fare una donazione al proprietario, in nome dell’amico chef scomparso. Ed ecco che Le Chef risorge, esattamente com’era, nella sua semplicità ed autenticità.
L’amante carnivoro dello Street food (ma lo si trova anche al ristorante), troverà la sua felicità con il shawarma, succulenta carne di tacchino o agnello cotta sullo spiedo con profumatissime spezie, poi tagliata a fettine ed arrotolata in una pita con verdure e salse: servite in un cartoccio per strada o al piatto nei ristoranti.
Kubideh significa più o meno « battuto » ed è il modo in cui viene trattata la carne (agnello manzo): tritata con spezie ed erbe e ricomposta per poter essere cotta come spiedino sulla brace.
Gli amanti del formaggio ameranno le palline di formaggio di capra, anche nelle versioni fritte o cotte al forno con il miele.
A proposito di polpette, molto interessanti sono le kibbeh, con un involucro esterno di bulgur, ed un ripieno di carne, legumi e verdure. Come le ciliegie….una tira l’altra.
Tutti i piatti sono accompagnati dall’immancabile pita, quel sottile pane arabo dalla forma tonda, da modellare con le mani per raccogliere la maggior parte delle delizie culinarie
Ma il cibo da strada più buono che abbia mai mangiato in vita mia è senza dubbio Lo Sfiha balbaakie. Una deliziosa pasta lavorata a mano da abili del mestiere, riempita di formaggio, verdure o carne e cotta al forno. Una sorta di pizzette veramente buonissime, specialità di Baalbek: proprio in mezzo al souk, una serie di « pizzaioli » provetti, lavora a catena la soffice pasta dal profumo antico, che viene poi cotta in un meraviglioso forno a legna. Tornerei a Baalbek solo per quello!
Dopo questa carrellata culinaria lascio il Libano, per una nuova avventura di due mesi nella penisola Arabica.
Bye bye Libano….spero che i miei siano solo stati brutti pensieri: non ti meriti altro dolore!