Zambia

La M10 corre lungo lo Zambesi. Un cartello segnala che la velocità massima consentita è 100 km/h . Viste le condizioni della strada è una velocità molto difficile da raggiungere. Chilometri e chilometri di natura selvaggia puntellata da manciate di villaggi, piccoli agglomerati di capanne piuttosto silenti di giorno. Ogni tanto, all’improvviso, gruppi di bambini corrono scalzi verso la strada, con un Hallo! Hallo! che crea allegria. 

 

 

 

Le Ngonye Falls sono delle cascate sperdute lungo la strada. Le cascate non sono sensazionali, ma la natura che le incornicia è rigogliosa ed intonsa, con una sabbia dorata degna dei migliori lidi.

 

Poi, all’improvviso, la strada si stringe: quella che dovrebbe essere la via unica e diretta verso l’antica capitale, Livingstone, diventa uno sterrato polveroso,  pieno di buche e dossi. Oltre 250 km, che percorreremo ai 15 all’ora! Il nostro driver affronterà le buche, la sabbia, le rocce, i dossi, le cunette, con grande maestria. Incroceremo qualche camion stracarico di uomini ed oggetti, qualche temerario in bicicletta o con un carretto, e persone che urleranno “White! white! Bianco! Bianco!”  sotto un sole che brucia anche l’anima.


 

 

Nel mio fantastico Paese delle Meraviglie le persone abitano in un arcobaleno. Benvenuti alle cascate Vittoria, “il fumo che tuona”, 128 metri di altezza, una gola profonda, un’immenso fragore che travolge i sensi. Quella che potrebbe sembrare una profonda ferita della terra da’ origine ad uno spettacolo mozzafiato: gli arcobaleni si rincorrono come in un girotondo, tra nuvole di vapore, nel profondo Continente Nero. 


 

David Livingstone, il missionario scozzese che le vide per la prima volta nel 1855, le dedicò alla Regina Vittoria. Una rete di sentieri le costeggia tra due paesi, Zambia e Zimbabwe.

“Credevo che scene così fossero riservate allo sguardo degli Angeli”: ripenso al diario di Livingstone, mentre mi avvicino alla gorgogliante scogliera tra profumati muschi e freschi spruzzi che sanno di vita.

Il possente ruggito rompe i silenzi dell’anima

 

 

 

Ed è ora di avere una forte scarica di  adrenalina. Devil’s Pool è una sorta di piscina naturale che si forma solo in alcuni mesi dell’anno, quando l’acqua raggiunge un livello ben preciso (dev’essere così, niente di più, niente di meno). È un’escursione per i veri amanti del brivido. “Only the braves “ (solo i coraggiosi) recita un volantino locale. Per arrivare al fatidico salto del diavolo, si cammina attraverso un intricato percorso, nell’acqua impetuosa, fatto di rocce scivolose e muschi lisci come l’olio. Si forma una catena di braccia umane che inizia e finisce con le guide super esperte. E poi si deve avere il coraggio di affrontare le forti correnti del fiume, gettandosi e nuotando controcorrente ad ampie bracciate fino al lato opposto, senza farsi trascinare via verso l’imprevedibile certezza. Sarete ripagati da un’ esperienza incredibile: sporgersi sul precipizio delle cascate, con gli occhi increduli che percorrono gli oltre cento metri di dirupo ed il corpo, che diventa improvvisamente di ghiaccio. Il respiro va in apnea. Un’immersione totale in questo spettacolo. Paura? Certamente, molta, ma la sensazione di far parte di questa natura intonsa così ribelle, fa superare ogni altro pensiero.

 

 

Alla fine, viene servita un’ottima prima colazione, o pranzo o cena (a seconda dell’ora)

 

Ma le attività da fare alle cascate Vittoria sono tantissime: dal bungee jumping mozzafiato dal ponte, alla crociera in barca fino sotto le cateratte (con giubbotto salvagente e giacca per ripararsi dai forti getti d’acqua), al rafting sul fiume,  al panoramico volo in elicottero o la crociera al tramonto lungo il fiume.

Se avete la possibilità di andare dal lato opposto, in Zimbabwe (il visto costa 30US$), da non mancare l’afternoon tea dello splendido Victoria Hotel, uno storico albergo molto British e con il fascino coloniale che ti catapulta in un’altra epoca e ricorda “la mia Africa” con la divina Meryl Streep. Purtroppo oggi, causa COVID, per attraversare la frontiera dovrei fare un test PCR  ed il tempo non me lo permette. Peccato! Vi faccio comunque vedere una foto di alcuni anni fa, scattata al Victoria Hotel proprio durante il rito del te’ del pomeriggio.

 

Ad una decina di chilometri dalle cascate, non bisogna mancare una sosta al villaggio di Mukuni (la parola significa Albero), un agglomerato di circa 7000 abitanti, che si può visitare pagando una guida, che in realtà è un abitante del villaggio stesso. Si aiuta così questa comunità che vive ancora in maniera tradizionale.

 

I bambini della scuola sono felici di fermare per un attimo la loro lezione e scambiare con noi qualche  parola e tanti sorrisi smaglianti. 

 

Altri bambini improvvisano un ballo di gruppo per strada

sorridono o cercano di posare impacciati

 

 

Le donne si occupano dei bambini e della casa: si incontrano davanti all’uscio mentre fanno il bucato, o con grandi secchi pieni d’acqua, o pentoloni, per preparare il cibo per la numerosa famiglia. Gli uomini costruiscono il tetto e poi scolpiscono il legno. Nel mercato locale si trovano monili, strumenti musicali, e diversi manufatti artigianali.



 

 

Le bambine tornano da scuola : meravigliose nella loro divisa, un delizioso abito a quadretti

 

 

Alcuni bambini giocano per strada. Trascinano un mezzo artigianale : bastano 3 lattine di plastica, 4 tappi di bottiglia ed una lunga canna (o un ramo), per costruire un camioncino da guidare per il paese. È straordinario vedere l’inventiva di questi dolcissimi ragazzini.

 


Purtroppo la mancanza di turisti degli ultimi anni  (causa COVID) ha penalizzato moltissimo il loro lavoro.  E di conseguenza è cresciuto il numero di ubriachi ed alcolisti (qui si produce dal sorgo una bibita che necessita di  7 giorni di fermentazione naturale per trasformarsi in una bomba che stordisce chi la beve e crea dipendenza).

 

E ripartono i villaggi con i banchetti che espongono la merce lungo la strada


I prodotti sono pochi: pomodori, cipolle, cavolo, mele. L’alimentazione locale non è molto sana. I negozi sono mezzi vuoti, a volte si trova solo un po’ di scatolame, e qualche pacco di pasta. Alcuni negozi, purtroppo, sono pieni di dolciumi “sintetici”, quei biscotti o lecca lecca il cui contenuto è illeggibile, e strano, come il colore, brillante metallico. Una cosa è certa: la Coca Cola è onnipresente, così come altre bevande dal sapore dolciastro, piene di zuccheri e coloranti.
Una cosa che mi ha stupito è che nei villaggi più grandi, dove i negozi sono semi vuoti di prodotti, ci sono comunque i gabbiotti che vendono le SIM card o credito telefonico. Il telefono è davvero lo status symbol di un paese dall’incommensurabile povertà, ma dalla necessità di essere connesso al resto del mondo, attraverso quello strumento che non so se crea felicità, di sicuro dipendenza ed una insana illusione.

 

E poi capita che, nella notte profonda, sento un strano rumore. Un sobbalzo e corro ad aprire la tenda del mio lodge: di fronte, un enorme elefante pacioso, fermo, proprio lì davanti, ad un paio di metri. Corro a prendere il telefono e mettere le scarpe per uscire ed immortalarlo, quando parte uno sparo di fucile che squarcia il buio. Di fronte a me il ranger che mi tranquillizza: “ho sparato in aria per spaventarlo ed è partito”. Peccato!

Altri 500 km e si arriva nella capitale, brutta, come la maggior parte delle grandi città dell’Africa. Passeggiando per il centro, è impressionante vedere tantissimi bambini scalzi, soli o in gruppo, che girano chiedendo soldi, oppure orribilmente sdraiati per terra, come un bidone della spazzatura rovesciato. Una scena da film dell’orrore. Purtroppo c’è da chiedersi: quale sarà il loro futuro?

Lo Zambia ha una popolazione giovanissima, l’età media è 16,5 anni, e l’aspettativa di vita è una delle peggiori al mondo, meno di 45 anni. È un paese dilaniato da grossi problemi sociali, con una crescita economica a forte disuguaglianza costante. Il 13/11/2020 il governo di Lusaka non ha ufficialmente onorato alla scadenza, il pagamento di 40 milioni di dollari. In realtà il debito totale pare sia terribilmente superiore e che corrisponda addirittura al 60 per cento del prodotto interno lordo (12 miliardi di dollari?). Il forte indebitamento nei confronti dei paesi che hanno prestato soldi (principalmente la Cina) fa considerare lo Zambia un paese fallito. Per questo si sono intensificate notizie secondo cui importanti società pubbliche del paese rischiano di diventare proprietà di Pechino. L’attacco del Dragone passa attraverso la tipologia di prestito che pone a garanzia per il donatore, importanti e strategiche società del ricevente. La moneta locale si è drammaticamente svalutata (anche noi ci siamo dovuti adeguare ad un cambio 30% inferiore al cambio ufficiale, anche quando abbiamo cambiato soldi in banca). I prestiti sono stati usati per arricchire i soliti privilegiati e la gente comune, come sempre, resta senza nulla, con un degrado costante. La forte presenza cattolica non aiuta. Io ho un grande astio verso alcune religioni, che giudico non solo ipocrite, ma anche colpevoli di vittime innocenti. Qui, in nome di un Dio che non aiuta, l’uso del preservativo è considerato un crimine e le donne partoriscono figli che finiranno quasi sempre sulla strada, senza futuro, e combatteranno una estenuante lotta animale per la sopravvivenza. L’agghiacciante  media è di 8 figli vivi per ogni donna, e, quando dico questo, significa che i parti per donna sono decisamente superiori, perché, viste le condizioni igieniche sanitarie e la mancanza di cibo ed acqua, molti bambini muoiono prima del parto o entro il primo anno di vita. 

Lo Zambia, con i suoi circa 18 milioni di abitanti, fa parte di quei paesi africani che io chiamo : « pentola a pressione », che potrebbe scoppiare da un momento all’altro. E’ impressionante anche il numero di rifugiati arrivati  dalla Repubblica Democratica del Congo, quello stato ricchissimo di risorse, ma che non è mai riuscito ad effettuare transizioni di potere pacifici. Una situazione che si protrae da anni e anni, con l’aumento della violenza e la conseguente fuga massiccia della popolazione. Oltre 10000 anime hanno attraversato clandestinamente il confine: per un paese povero, che ha già accolto oltre 60000 rifugiati (dal Burundi, dal Rwanda e dall’Angola), la situazione è drammatica. Il paese, rischia una crisi umanitaria, anche perché lo Zambia presenta uno dei tassi di crescita della popolazione più alto al Mondo.

In giro per la città molti militari e poliziotti: si ha l’idea di una città con un forte degrado e , anche in pieno giorno, non mi sentirei tranquilla se dovessi camminare da sola.

 

Finalmente si parte per il parco.

Kafue National Park e’ il più grande parco dello Zambia, grande come l’intera provincia inglese del Galles, con i suoi  oltre 22000 chilometri quadrati. Fa parte dell’area di conservazione trans frontaliera Okavango-Zambesi. Saranno due giorni intensi di Safari, su strade polverose e scomode, immersi in quella natura dispettosa ed imprevedibile, così come coloro che vi abitano. Arriveremo fino a circa 1700 metri di altitudine, con il camion che arranca su stretti pendii. 

Guardate questa zebra dalla smorfia strana: forse sta sbadigliando? O ridendo? O cantando?

Un incontro  emozionante è senz’altro quello del  Mapungu  Camp, un campeggio lungo le rive del fiume Kafue. Proprio mentre sto andando a fare una passeggiata, direzione piscina, mi appare davanti lui, un ippopotamo, che sta tranquillamente brucando l’erba del prato. Difficile pensare che con quella mole così imponente, ed il portamento goffo, questo sia uno degli animali più pericolosi al mondo. Malgrado sia assolutamente erbivoro, ed attacchi solo se si sente minacciato, se prende di mira la preda, quest’ultima non ha scampo. Il morso di un ippopotamo esercita una pressione così forte da spezzare in due un coccodrillo di tre metri e, malgrado la sua forma cicciottella su gambe tozze e corte, può correre a 30 chilometri all’ora.


 

 

Davanti all’ Hippo Bay Campsite & Lodge (gestito da italiani), c’è il lago Itezhi tezhi, un grande bacino, dove sguazzano i chiassosi ippopotami. Agili Gazzelle ed enormi uccelli dal nobile portamento, si avvicinano per abbeverarsi nel rito serale.

 

Poco più avanti, sempre costeggiando il lago, centinaia di bufali in processione, come se si stessero dirigendo verso un raduno, con i piccoli che faticosamente sgambettano in mezzo ad arti muscolosi dal passo militaresco.

 

 

E poi, fuori dal parco, ricominciano i villaggi, poveri, poverissimi. Un gruppo di bambini mi corre incontro, quando li chiamo per una fotografia. Non parlano inglese, solo bantu . Sarò io ad insegnare Bye Bye e kiss kiss.


 

 

La gente dei villaggi è dolce e sorridente, soprattutto i bambini. Nelle donne leggo un sorriso amaro di chi forse vorrebbe ancora sperare. 

Uno dei luoghi più remoti mai visitati è il Parco Nazionale di North Luangwa: sperduto e poco esplorato. 

Le strade non sono asfaltate e quindi sono utilizzabili solo nella stagione secca: impossibile passare nella stagione delle piogge. Non siamo potuti andare nel più conosciuto parco di South Luangwa perché troppo lontano, ma sono contenta di aver visto uno dei parchi più selvaggi, meno accessibile e meno attrezzato per il turismo di tutta l’Africa. La strada è impervia, percorribile già con difficoltà nella stagione secca, che di solita va da giugno a novembre.
All’entrata del Parco un cartello ironico ti fa capire dove stai andando: 

“Chiedere la chiave per il bagno!”

 

Una vegetazione mista che va dal bosco di mopane, a boscaglie di acacia, a grandi praterie aperte. E poi all’improvviso fitte foreste a galleria: tunnel naturali, dove la luce del giorno fatica a farsi spazio.

 

 


La vita corre lungo il fiume Mwaleshi, unico posto dove si trovano alcuni campi tendati e un Lodge molto grezzo, un luogo da Tarzan & Jane, a oltre centoventi chilometri, 
da percorrere a venti all’ora, in alcuni tratti molto più lentamente.

La vista del Lodge sembra un miraggio, così come le capanne su palafitte, completamente aperte con sguardo sul fiume, dove sguazzano ippopotami rilassati.

 


 

Lungo la strada qualche elefante solitario: purtroppo il commercio illegale dell’avorio negli anni ‘90 ha ridotto drasticamente il numero di questi animali

 

La strada continua verso il confine con la Tanzania.
Kapishya Hot Springs sono delle deliziose piscine termali. Ci si arriva dopo una trentina di chilometri di strada sterrata, lasciando la principale T2. Si attraversano villaggi, fino a quando un cartello segnalerà: Kapishya Hot Springs and Lodge,  una vera oasi per i viaggiatori che necessitano di una ripulita da giornate trascorse su strade rosse polverose e traballanti. La piscina naturale è una gemma  nascosta, con acqua trasparente, che arriva a 41 gradi: immergere i piedi nella soffice sabbia bianca elimina lo stress.

 

E la strada continua verso il confine più a nord, ancora attraverso buona parte di strada sterrata e polverosa. L’ultimo tratto riappare l’asfalto, fino a Kasama, una ridente cittadina di oltre duecentomila abitanti a 1374 metri di altitudine. Il capoluogo della Provincia Settentrionale dello Zambia è una città decisamente poco turistica e (brutto a dirsi), tranquilla: si può passeggiare serenamente tra la gente cortese e curiosa, senza quell’angosciante paura di aggressione che si percepisce nella capitale.

Dobbiamo fare il test PCR prima di entrare in Tanzania. All’ospedale ci daranno i risultati domani tardi pomeriggio, quindi saremo costretti a pernottare qui ben due notti.

Amo i villaggi e quando posso cerco di trascorrere un po’ di tempo con la gente locale. I Bemba appartengono al gruppo di popoli Bantu. Le loro origini sono da ricercarsi nel bacino del Congo, anzi i suoi antenati arrivano fino a Mbemba Nshinga, che governò il Congo dal 1509 al 1543. Si sono spostati per venire a lavorare nelle miniere di rame e poi, quando molte di queste sono state chiuse, sono rimasti.

Oggi i Bemba sono agricoltori taglia e brucia e coltivano soprattutto manioca e miglio. Questo tipo di agricoltura è detta anche itinerante e prevede l’incendio controllato di parte della foresta per permettere di avere uno spazio per le colture più produttive. Una tecnica usata già nel neolitico, che garantisce il soddisfacimento alimentare della popolazione, favorendo la rigenerazione degli alberi. Molto importante anche l’allevamento di pecore e capre. Nella Società Bemba i rapporti tra le donne o madre e figlia sono fondamentali: la società è matrilineare

 

Uomini e donne collaborano anche in lavori di fatica, come la preparazione dei mattoni per costruire le case:


 

 

Il villaggio visitato è a circa quaranta minuti dalla città. Il taxi si ferma a fare benzina. Tutti i taxi in Zambia si fermano a fare carburante e ti chiedono l’anticipo sul conto della corsa per poter pagare quei due o tre litri che verranno acquistati.

La strada polverosa passa tra arbusti secchi e campi bruciati, sembra di essere su Marte dell’immaginario. Il vecchio taxi, una Toyota Corolla in pensione da molti anni, tossisce, sotto gli scossoni di uno sterrato duro.

Finalmente si vede un grande caseggiato. Nel cortile di sabbia rossa, che si solleva camminando, appaiono  loro: lui in impeccabile abito blu, camicia che sa di pulito, cravatta perfetta e scarpe lucide. Lei in un abito locale, ma da gran festa. Sembrano due sposi nel giorno del fatidico Sì. Così strani, in quel contesto, due figure che sembrano fuori luogo, in mezzo a quella natura ribelle e poco ospitale e la polvere e la terra ed i sassi e la sabbia e ….. niente altro.

Per il villaggio di Kabundi la nostra visita era inattesa ma è stata accolta con grande gioia. Gli insegnanti sono una coppia dolcissima e ci hanno aperto le porte della scuola ed introdotto ad oltre un centinaio di bambini che riempiono le due aule a disposizione.

.

 

girando per il villaggio:


 

L’ufficio scolastico

 

 

la casa degli insegnanti:

Ma la cosa più importante per un villaggio, è sicuramente l’acqua. Il pozzo e’ vita.


 

 

Prima di chiudere ripropongo una carrellata di ritratti, principalmente di bambini, incontrati in questo straordinario ed enigmatico paese. Per me, lo Zambia sono loro, tenere vite in mezzo ad una terra sicuramente poco accogliente, ma che se trattata con cura può dare anche alcuni frutti (i Bemba ne sono l’esempio).
Riporto i dati di Save the Children in Zambia:

54% della popolazione vive in assoluta povertà

40% dei bambini sono malnutriti

22% dei bambini in età scolare, non vanno a scuols

41% dei bambini sono costretti a lavorare  già in tenera età

17% delle bambine è costretta sposarsi tra i 15 e 18 anni

44% delle bambine a 15 anni non sa leggere o scrivere
Non sono pessimista di natura, ma sicuramente quello che ho visto mi ha sconvolta: con una crescita incontrollata e l’abbandono totale di regole, anche perché non c’è nessuna regia (ne’ dallo stato, ne’ dall’esterno,  ne’ tantomeno dalla chiesa), non so quale sarà il domani.

Spero che il futuro di questi bambini sia  almeno dignitoso, glielo auguro con tutto il mio cuore.

“Come sono fortunati gli attori! Loro possono scegliere se recitare in una tragedia o in una commedia, se soffrire o gioire, ridere o piangere. Ma nella vita reale è diverso. Uomini e donne sono costretti per lo più a interpretare personaggi che non sono tagliati per loro. Ai nostri Guildenstern tocca il ruolo di Amleto, e i nostri Amleti devono fare i buffoni  come il principe Hal. Il mondo è un palcoscenico, ma le parti sono mal distribuite” (Oscar Wilde)

 





 


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