La Namibia è strana: è strano il suo clima di agosto, quando, dai 28 gradi, monotamente fissi, del giorno, la temperatura precipita a 1 grado di notte. Sono strani i suoi colori: dal profondo rosso delle dune al buco nero delle macchie di arbusti bruciati che si vedono dall’aereo che sorvola l’immensa piana del nord, al bianco lattiginoso del Pan, l’oasi Etosha. Sono strane le persone: Africani dal portamento elegante, dalle rossissime Himba di una bellezza disarmante, ai nerissimi dagli occhi azzurri (la Namibia è una ex colonia tedesca e l’influenza germanica è ancora molto presente, tant’è che tutti i tassisti ringraziano con un “danke schon”), fino alle piccole comunità indigene (come i San o Boscimani), che si trovano costretti a cambiare le loro tradizioni, contro la loro volontà. È strana la sua terra, in alcuni luoghi totalmente inospitale ed in altri uno dei più bei concentrati di fauna al mondo (Etosha è il paradiso dei Safari-Lovers).
È strano il suo paesaggio: dall’aereo sembra di atterrare su Marte, e subito dopo le onde della costa nord ti riportano in Bretagna. Sono strani i suoi sapori: la carne selvatica alla brace dal gusto arcaico, si sposa con un bel wurst (salsiccia) tedesco innaffiato di ketchup e karltoffeln a gogo. È strano il silenzio del deserto, a volte inquietante, rotto all’improvviso dalla musica a tutto volume che esplode da vecchi cassoni arrugginiti, onnipresente anche nei villaggi più remoti.
La Namibia è così, una grande Diva, una vera star internazionale che sa di essere unica e magnetica e quindi può permettersi di essere capricciosa ed anche un po’ scorbutica.
Il volo da Windhoek a Ondangwa attraversa il Pan, quella depressione che si è formata ics anni fa, il meraviglioso Paradiso degli animali che è Etosha. 12 milioni di anni fa (Pleistocene) qui c’era forse un lago, che si trasformò in un semi-deserto. Quando c’è la stagione secca, il suolo diventa bianco: è l effetto delle crepe dal sole, e da qui il nome Etosha: “grande luogo bianco” nella lingua degli oshivambo locali.
La foschia del brutale cambio temperatura del primo mattino lascia una visuale un po’ sfocata, come si potrebbe immaginare la vita laggiù. Da una parte una grande festa tematica, con gruppi di gnu che sgambettano, zebre che scondinzolano, elefanti che giocosamente si buttano la terra addosso e paciosi leoni che ronfano all’ombra di un albero.
La notte tutto cambia: solo i più veloci, astuti (e fortunati) non capitoleranno nella lotta per la sopravvivenza. “Only the brave” in questa guerra notturna di tutti contro tutti, dove la dolce e sorniona maschera del giorno, di ognuno, calerà per lasciare il posto ai più tribali riti di violenza. Il passo felino si allungherà, gli occhi iniettati di sangue esploreranno le ombre e le fauci si prepareranno a lacerare la carne.
Etosha è uno dei migliori habitat di animali che abbia mai visto. È la mia seconda volta qui in tre anni (e terza in sei anni), ma nulla è cambiato.
Il Safari notturno é un film in bianco e nero, un gioco delle ombre. Nel silenzio tutto respira, perché Etosha ha 114 specie di mammiferi, 340 specie di uccelli e 110 specie di rettili.
Ogni tanto si vedono nidi enormi, così strani da sembrare maschere costruite per una festa a tema
Lungo la strada una deviazione a Hoba. Qui si trova la più grande meteorite ferrosa del mondo, di origine naturale, che si ritiene sia caduta più di 80000 anni fa.
Prende il nome dal luogo dove è stato ritrovato, ossia la fattoria di Hoba West, vicino a Grootfontein.
Le Riserve ed i parchi in zona sono numerosi:
Il Mangetti National Park, si trova nella parte orientale del Kalahari. È uno dei parchi più recenti, e fa parte di quella nuova generazione di riserve concepite per ridurre la povertà rurale attraverso lo sviluppo del turismo, impiegando manodopera locale e quindi aiutando la comunità.
La strada del nord verso lo Zambia, è una monotona striscia asfaltata, disseminata dai villaggi, un pugno di capanne in mezzo a quello che un occidentale dall’occhio poco acuto e dalla troppa saccenza, direbbe il nulla.
Piccoli cosmi dai ritmi lenti: qui la parola stress e’ sconosciuta.
A 150 km da Rundu, dopo una deviazione sterrata di pochi chilometri, c’è un camping (con chalets) gestito da un personaggio dolcissimo. Léon è un super biondo dai vivaci occhi azzurri, nato in Namibia (gli avi erano olandesi), che parla inglese con quel forte accento strascicato Afrikaaaaaner. Il suo regno è sulle sponde del fiume Okavango: di fronte, a poche bracciate, c’è l’Angola. Ma l’attraversata (un paio di minuti) è proibita, ci vuole il visto. E poi nuotare è pericoloso, perché qui vivono i coccodrilli, e, poco più avanti, gli ippopotami.
Seguiremo le rive dell’Okavango per giorni: la serpentina del fiume ci porterà fino al confine con lo Zambia.
Lungo il fiume ci sono campeggi con deliziosi chalets con vista.
Ngepi Camp è uno di questi. La piscina non è altro che una gabbia in mezzo al fiume. Immergersi e sentire il profondo ruggito degli ippopotami che sguazzano intorno è una sensazione unica. In realtà non sapevo che il verso dell’ippopotamo e’ detto “ruggito “, pur essendo completamente diverso da quello del leone.
Il battello corre lento, non solo perché in Africa i ritmi sono flemmatici, ma perché bisogna stare attenti. Gli ippopotami si inabissano velocemente e, malgrado la loro imponente staffa, spariscono sotto l’acqua per poi riemergere, enormi, senza preavviso.
E poi sulla roccia, sotto gli ultimi raggi di sole di una gloriosa giornata, appaiono loro, i coccodrilli, silenti e meditativi.
Il fiume è pieno di sorprese, di vita, e’ un teatro che si anima verso sera quando inizia l’atto unico dell’opera. Il palcoscenico si apre con gli elefanti che scendono verso le rive per la bevuta quotidiana. Enormi, ingombranti, ma eleganti malgrado la loro imponente mole. Il gruppo si riunisce, decine e decine di famiglie, nell’appuntamento serale. Sembra l’ora dell’aperitivo in una comune città di provincia, quando tutti si ritrovano dopo una giornata di lavoro e prima di chiudersi in casa per la notte. È l’ora della socializzazione. I barriti, le immense orecchie che si aprono e chiudono con battiti regolari, i giganteschi passi felpati, la proboscide che sventola come una bandiera in segno di pace: Passerei ore ad osservare questa serena comunità.
La Mahango Game Reserve, al confine con il Botswana, è un’area protetta che si trova nelle pianure alluvionali del bacino del fiume Okavango
Dal Mukolo Camp il Safari serale è in battello, lungo il fiume Kwando, tra tramonti infuocati e maestosi ippopotami che danzano goffamente.
I Safari in battello nel tardo pomeriggio, sono una passeggiata mistica di puro contatto con una natura selvaggia, indomita.
Il Mudumu National Park è un punto importante di migrazione degli elefanti tra Angola,Namibia, Botswana e Zambia: non ci sono barriere per gli animali, liberi di emigrare e tornare.
L’autostrada africana è una nostra normale strada statale che necessita di manutenzione. Ma è anche un museo a cielo aperto. I villaggi si susseguono: un recinto ed un un pugno di capanne. Gli animali sono liberi, all’improvviso piccole mandrie di mucche o gruppetti di capre invadono l’asfalto. In questa zona il lavoro primario è l’allevamento del bestiame.
Macellerie
Bambini con la divisa della scuola che profuma di pulito
bambini dallo sguardo intenso
Ed i mistici Baobab da sfondo
Una deviazione porta alle Popa Falls, che non sono certo le cascate più spettacolari dell’Africa, ma comunque interessanti per il contesto che le circonda, una natura pura, vergine, che profuma di linfa e per la spiaggia dorata
E poi un’altra deviazione, verso una strada polverosa, in mezzo ad arbusti che si fanno sempre più alti e fitti. « The Beast…il nostro camion » arranca, si dimena lentamente tra i rami aggrovigliati che tentano di stritolarlo. Ma ,dopo poco tempo, uno slargo, un grande cortile pulito, ci annuncia che siamo arrivati.
Carnagione olivastra con occhi dal taglio vagamente orientale. La testa è tonda, con zigomi pronunciati, piuttosto magri. I San, chiamati dagli inglesi Bushman (boesman in Afrikaans, termine tradotto in italiano Boscimani), sono una popolazione storica di queste zone, una delle più affascinanti ed antiche popolazioni di tutta la storia dell’umanità. Vivono tra la Namibia ed il Botswana. I San sono considerati la fonte della linea di discendenza del DNA mitocondriale della Eva mitocondriale. Un gruppo indigeno di abilissimi cacciatori, profondi conoscitori della flora e fauna locale, che vivono in perfetta sintonia con l’habitat naturale che li circonda, impervio ed inospitale. Sono così abili che sanno trasformare le poche fonti disponibili in risorse, e vorrebbero vivere la loro vita dignitosamente e serenamente. I metodi di caccia sviluppati sono unici: analizzando le orme degli animali, sanno stabilire l’età e persino le condizioni di salute dell’animale. Non uccidono per uccidere, ma solo ed esclusivamente per sostentamento o autodifesa. Hanno un grande rispetto per la natura che li circonda.
La loro tecnica di caccia è straordinaria: l’arco che costruiscono è circa un metro di lunghezza, ed è interessante sapere che le frecce, costruite con materiali rudimentali, vengono poi ricoperte con un veleno mortale: la linfa estratta dal tronco dell’Euphorbia damarana (specie endemica di questa parte d’Africa) viene mischiata al succo di due tipi di coleotteri e a volte anche al veleno di serpenti o dei millepiedi (per questo sono anche chiamati uomini scorpione). Una vera miscela esplosiva che non lascia scampo all’animale preso di mira.
Le donne sono dolcissime. Padrone della casa e del focolare, intrecciano cesti e fabbricano collane. E danzano, cantando nella loro caratteristica lingua del “click”. Suoni prodotti schioccando la lingua contro il palato, le labbra ed i denti, vere sonorità, che collegate ad una parola, cambiano il significato. Anche la straordinaria Miriam Makeba ha dedicato un pensiero a questa popolazione, con la sua “Click song”
Fino a qui tutto perfetto, meraviglioso, direi.
Purtroppo la realtà è tristemente diversa. In Botswana (ma anche in Namibia) il governo sta imponendo alle popolazioni boscimane la sedentarizzazione forzata. Con la scusa di salvaguardare la fauna locale, cacciata dai San, vengono segregati in un piccolo territorio senza via d’uscita e costretti ad adattarsi ad una monotona vita che non ha nulla di nomade e della loro identità.
In realtà si tratta di una scusa e di un vero sfratto perché:
I gruppi di ricchi che arrivano con aerei privati e con la mazzetta di dollari, sono autorizzati a cacciare senza limite anche le specie più a rischio di estinzione. E poi, non sempre, come diceva la Marylin più famosa, “ i diamanti sono i migliori amici delle donne “.
Nel sottosuolo delle terre dove da sempre vivono i Boscimani, ci sono i giacimenti di diamanti. De Beers, la famosa società anglo-americana, ha acquistato vasti terreni dei bushmen dal governo del Botswana e al confine, dopo le scoperte diamantifere in molte aree. Malgrado un avvocato abbia aiutato queste dolcissime popolazioni ad intraprendere azioni legali contro il governo e la compagnia stessa (che dichiara di non effettuare attività ulteriori fino a quando sarà operativo un progetto di gestione sostenibile), purtroppo i boscimani restano un’etnia a forte rischio di estinzione, per colpa del Dio denaro, anche perché nelle riserve ci sono altre compagnie come la Gen Diamonds. E il governo continua a vietare loro di cacciare e di accedere al pozzo per l’acqua. Per questo mi sento assolutamente in dovere di parlarne, anche se sarà il bicchiere nel mare.
Le donne sono sorridenti, felici di avere un nuovo incontro, che cambierà la loro monotona giornata: Causa COVID, da quasi due anni, non vedono facce nuove.
Quando lascio gli indigeni provo sempre una sensazione confusa. L’immensa gioia dei loro sguardi, lo scambio fatto di sorrisi e cenni d’intesa dal dolce sapore di affetto, si mischia ad una sorta di malinconia, un velo di tristezza, pensando che la segregazione è orribile, la mancanza di libertà è orribile. Chissà se anche loro sentono questo macigno, perché mi sembrano così indifesi
Lascio la Namibia per continuare la mia Avventura attraverso i Parchi Africani, per entrare in Zambia. Ma un pezzo del mio cuore è lì, con loro, i Boscimani, che con la loro naturale delicatezza e gli amabili sguardi troppo ingenui, mi hanno fatta innamorare. La malinconia dell’addio è un augurio, che possano semplicemente fare la vita che vogliono, che, contrariamente ad altri (che cercano, a tutti i costi, la futile parte della modernità), è continuare a fare la vita dei loro avi .
Dedico a loro ed a voi questi scatti, versione teatrale, perché la loro visione è stata per me una maestosa opera di teatro, spero, a cuore aperto, una moderna commedia con una romantica conclusione felice, non certo una tragedia od una Shakespeariana “Utopia del lieto fine” .
2 risposte
Cara Lauretta in queste giornate Natalizie ne ho approfittato per vedere il tuo blog. Ed apprendere un altro pezzo della tua avventura ho letto della Namibia un luogo che col mio compagno volevamo sempre esplorare ma con il covid è dura e con interesse di storia questo popolo e i Boscimani Popolo a rischio. E la sua storia le foto meravigliose e il sentimento che tu artefice di questo viaggio ci metti il cuore💖sono foto che raccontano tanto e ti ringrazio sei bravissima nella descrizione. 👍👍👍 grazie. È bello questo blog e tu sei bravissima 💖💖marisoray
Adoro la Namibia: ci sono stata 3 volte in cinque anni, ed è uno di quei paesi dove (quando avrò finito il mio giro del mondo) vorrei tornare e trascorrere qualche mese,da vero viaggiatore. Grazie del tuo meraviglioso commento che mi riempie di gioia